martedì 27 febbraio 2018

I sardi nuragici dell'interno in età Cartaginese: in che stato erano?

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Sui sardi nuragici si è detto praticamente di tutto e di più sulla loro distribuzione, su come si rapportavano con le altre popolazioni, fenici in primis, sui loro commerci, sulla loro cultura materiale ed etcetera etcetera. Con l'arrivo dei cartaginesi si è formata una prima netta divisione nella nostra isola: da una parte una comunità sardo-punica, residente soprattutto nella zona costiera o comunque in prossimità delle coste, che si era ben integrata con i conquistatori; un esempio è il tempio di Syd Babay/Sardus Pater: Sabatino Moscati parla di influenze puniche nella stessa struttura e Piero Bartoloni parla addirittura di ricostruzione punica del V sec. a.C. di un santuario nuragico.
Dall'altra una zona popolata da genti che rimangono fedeli alla loro cultura all'interno dei loro insediamenti, seppur in essi siano stati trovati materiali cartaginesi.

E proprio di questi che voglio parlare.

Prima però, cominciamo con l'ubicazione dei siti cartaginesi: oltre alle ben note città costiere di Karalis, Sulky, Tharros, Neapolis, Bithia, Othoca, Bosa, Sulci Tirrena (Tortolì, NU), Olbia e Posada (OT), abbiamo anche insediamenti stabili meno conosciuti situati nell'entroterra sardo, quali ad esempio una fortezza a Mulartza Noa in pieno Marghine, la necropoli a Villamar (Sud Sardegna) e quella di Brunku 'e Battalla a Sanluri (Sud Sardegna), i resti di un fortino sotto il castello di Medusa a Lotzorai (NU) ed alcuni resti di quella che è stata definita un'acropoli sulla vetta della collina di Sentu Teru e vicino alla necropoli di Monte Luna in Trexenta. Come mai la loro presenza nell'entroterra?



Museo archeologico di Senorbì, rinvenimenti della necropoli punica di Monte Luna.

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Castello di Medusa a Lotzorai, ai suoi piedi doveva sorgere un forte di età punica.

Il motivo principale sembrerebbe, per quel che concerne Mulartza Noa e la fortezza sotto il castello di Medusa, quello di un maggior controllo del territorio e di una difesa di esso da delle eventuali scorrerie da parte delle popolazioni rimaste ancora indipendenti; nel caso di Olbia, Posada di un controllo dei flussi provenienti dalla penisola italiana (le loro fondazioni risalirebbero al IV sec. a.C., quando è stato stipulato un secondo trattato con Roma); per quanto riguarda infine gli abitati dell'entroterra, è possibile che fossero sorti sempre con la funzione di  controllo avendo comunque la possibilità di approfittare della fertilità delle terre dell'entroterra.

Tuttavia, un lavoro di ricognizione archeologica effettuato da Andrea Roppa ha confermato l’assenza sul territorio di apparati e strutture coloniali “funzionali” allo sfruttamento sistematico delle risorse, motivo per cui sarebbe da scartare l'immagine di un popolo dell'entroterra costretto a sgobbare nei campi sotto lo sguardo di qualche schiavista con la faccia da galera armato di frusta che ordina loro di coltivare il grano da dare alle città sardo-puniche delle coste.

E ora passiamo ai sardi dell'interno. Come se la passavano? Stando ai rinvenimenti, sembra che la vita nei villaggi nuragici prosegua lo stesso seppur con alcune novità come 



  1. La presenza di manufatti punici all'interno di essi come ai nuraghi Su Mulinu di Villanovafranca, Sant'Imbenia di Alghero, Diana di Quartu Sant'Elena ed altri ancora (ce ne sono così tanti che non è manco il caso enumerarli tutti).
  2. L'aggiunta di alcuni abitati a pianta rettangolare, come nel caso di Su Nuraxi a Barumini.
  3. Lo stravolgimento della funzione di alcuni nuraghi, come il nuraghe Lugherras convertito come tempio dedicato alla dea Kore, con tanto di lucerne e bruciaprofumi in ceramica rinvenute a pacchi.


Risultati immagini per nuraghe lugherrasNuraghe Lugherras, chiamato così per l'altissimo numero di fiaccole ritrovate dentro di esso (lugherras, in sardo, vuol dire lucerne).


Da segnalare infine alcuni casi di rioccupazione come nel sito nuragico si Su Cungiau 'e Funtà, rimasto inabitato dopo un incendio avvenuto nell'età del Ferro e poi abitato di nuovo in periodo punico.

Quindi abbiamo una comunità che non se ne sta isolata per conto proprio ma che ha comunque dei contatti non bellicosi con i conquistatori venuti dalla Libia e che attraverso questi apporta delle soluzioni all'interno dei propri villaggi per adattarsi ai nuovi tempi senza però perdere del tutto la loro identità.

Ed ora un altra domanda. Erano tutti quanti sotto il dominio di Cartagine? La questione si fa interessante.

Polibio infatti ci parla di due trattati tra Roma e Cartagine, uno nel 509 a.C. e l'altro nel 348 a.C. in cui si ribadiva la proprietà dei cartaginesi sulla Sardegna e che i romani non dovevano metterci piede se non per casi di fortuna come tempeste, rifornimenti e qualunque altra sfiga potesse capitare in mare per un periodo massimo, però, di 5 giorni. A sentirla così parrebbe un dominio completo sull'isola, ma sarà veramente così? A vedere le modalità di insediamento dei cartaginesi, è netta una predilezione delle zone coltivabili e dedite all'agricoltura, come la pianura del Campidano o gli hinterland pianeggianti delle zone costiere, come potevano essere quelli del Sulcis o della Baronia.

Però qualcosa non quadra. Come mai, fino alla fine del periodo punico, non sono state rinvenute città costiere cartaginesi in tutta la zona costiera di Porto Conte e della Nurra? Come mai l'area di Sant'Imbenia resta abitata fino al I sec. a.C.? Perché non cacciare via gli abitanti e buttare giù il nuraghe per fare un insediamento nuovo di zecca su una posizione vantaggiosa? Oppure perché non fondare un'insediamento sulla stessa zona dove sarebbe sorta poi la colonia romana di Turris Libissonis? E perché non costruire una postazione sull'isola dell'Asinara, che ti consentirebbe la creazione di uno scalo importante verso il porto di Olbia, le Baleari o la Corsica, nonché di un punto di controllo dell'andamento delle flotte provenienti dalle zone sopracitate? I casi sono due, o i cartaginesi sono degli idioti oppure... non avevano un dominio diretto di quelle terre. È possibile una cosa del genere? Diciamo di si.

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Sopra: terme di Turris Libisonis. Sotto: sito nuragico di Sant'imbenia. Nelle loro zone di pertinenza non sono state rinvenute tracce di insediamenti punici. 

NOTA BENE! Ciò che sto per dire si basa sull'assenza di insediamenti punici e che quindi può essere smentito nel caso in cui se ne trovasse uno.

Perché la mancanza di un dominio cartaginese sulla Nurra e su Porto Conte? Le ipotesi che ho formulato sono le seguenti:
  1. I cartaginesi non riuscirono a conquistare quella zona; l'ipotesi più affascinante di tutte ma anche la meno probabile perché, per un impero forte dal punto di vista militare come quello cartaginese, non sarebbe stata un grossa impresa conquistare un pezzetto in più di un'isola che era, in massima parte, già sotto il loro dominio.
  2. I sardi nuragici della Nurra riuscirono ad arrivare ad un accordo che li rendeva comunque autonomi ed indipendenti da Cartagine, eventualmente a costo di un tributo, una sorta di protettorato; ipotesi, secondo me, sulla quale ci si potrebbe discutere.
  3. I cartaginesi volerono lasciare libera quella zona in modo da reclutare dei mercenari che potevano adoperare per conto loro.
Quest'ultima, a mio parere, è l'ipotesi più probabile dato che A) i punici avevano un esercito che si basava moltissimo su mercenari provenienti dalle terre di confine di ogni punto del loro impero (iberici, libici, numidi e via discorrendo), pronti a combattere dietro compenso e pronti a ribellarsi quando non arriva il salario; B) i cartaginesi avevano bisogno di truppe per controllare la Sardegna per evitare ribellioni e per difenderla da minacce esterne visto che, durante la prima Guerra Punica, i romani si erano spinti già verso i loro hanno minacciato più volte l'isola e intrapreso una serie di battaglie navali contro i punici; C) dopo tale conflitto, conclusosi con la sconfitta di Cartagine, i cartaginesi non riuscirono a pagare i loro mercenari e questo generò una ribellione dentro ogni terra dell'impero, quella in Sardegna fu particolarmente fetente in quanto, dopo una richiesta d'aiuto da parte dei ribelli, i romani ne entrarono in possesso senza colpo ferire.

È poi altamente probabile, vista l'assenza momentanea di insediamenti, che ci fossero altre terre nell'isola che non entrassero nel dominio punico, verosimilmente le zone montane della Sardegna centro-orientale che, nonostante la presenza di alcune miniere importanti, come quella di Sos Enattos a Lula, vista l'assenza di piane coltivabili ed il fatto che si sarebbero mossi in un territorio difficile e non conosciuto, non dovevano esser ritenute interessanti per i cartaginesi. Ciò non impediva, comunque a quelle zone di avere dei contatti con i punici, come testimoniato dal rinvenimento di oggetti cartaginesi in nuraghi come il Casteddu 'e Joni, nella Barbagia di Seulo.

Cosa dobbiamo dire in definitiva? Che abbiamo una parte di Sardegna non soggetta a dominio diretto da parte di Cartagine ed un'altra che rientrava invece nei suoi domini, e che ambedue proseguivano la propria vita secondo le loro usanze e costumi seppur con alcune influenze puniche, con quest'ultima che, ovviamente, doveva rispondere all'autorità dei nuovi dominatori di quel che succedeva al suo interno.

Per chi volesse approfondire il discorso abbiamo delle letture più tecniche e competenti a rispondere sulla questione

Andrea Roppa, comunità urbane e rurali nella Sardegna punica di età ellenistica.
https://www.academia.edu/3261100/Roppa_A._2013_Comunità_urbane_e_rurali_nella_Sardegna_punica_di_età_ellenistica_Sagvntvm_Extra_14_._València_Universitat_de_València._BOOK_REVIEW_Journal_of_Roman_Archaeology_29_2016_566-71?auto=download

Antonio Sanciu, nuove testimonianze di età fenicia e punica nella costa centro-orientale sarda.
http://ojs.unica.it/index.php/archeoarte/article/view/519/429

Cosa ne pensate? Spero che l'articolo vi sia piaciuto, sono sempre ben accetti commenti ed eventuali delucidazioni sull'argomento, ci si sente ;)

sabato 24 febbraio 2018

I sardi nuragici: uniti o divisi? (ARTICOLO RIVISITATO)


Pocos, locos y malos unidos. Così disse di noi, con un misto di malignità e ragione, Carlo V, re di Spagna e sacro imperatore romano di Germania, durante la sua visita in Sardegna. In effetti la situazione del tempo non faceva molto per smentirlo, basti pensare alle rivalità tra Cagliari e Sassari su quale chiesa fosse la più antica e con più santi martiri in casa; oggi la rivalità vera e propria è coltivata nel mondo calcistico da un pugno di poveri patetici disagiati (basti pensare ai casini che hanno fatto alcuni sconvolts del Cagliari all'interno di Sassari) visto che, a livello generale, nessuno ha voglia più di arrabattarsi e rivaleggiare per delle stupidaggini simili. Tuttavia la divisione tra Sardi permane in molti punti, basti pensare A) alle diatribe tra Stintino e Porto Torres per l'isola dell'Asinara; B) ai sardi che vogliono togliere le basi militari e a quelli che, lavorandoci, le vogliono tenere; C) ai 13541646453454567845 partiti indipendentisti sardi che, invece di fare proposte valide, passano buona parte del tempo ad insultarsi e scatarrarsi in faccia col massimo della cattiveria. E sono alcuni esempi che vi cito.

Il punto è: c'è stato un periodo in cui siamo stati uniti per davvero o siamo sempre stati divisi? Le più antiche divisioni sarebbero da ricercare durante il periodo della dominazione (sul quale conto di farci un articolo) che vedeva contrapposti i sardo-punici delle coste ed i sardi nuragici dell'interno che resistevano a trassa di vietcong contro l'invasore che veniva dall'Africa; tale periodo viene contrapposto spesso alla Sardegna nuragica in cui i sardi erano liberi, i campi erano verdi, le navi arrivavano in orario ed un pieno di benzina ti costava 1000 lire. Erano anche uniti? Vediamo un poco la situazione e gli elementi che ci fornisce.

– Distribuzione dei nuraghi in Sardegna (da <www.tharros.info>). (1) Marghine e altopiano di Abbasanta; (2) Montiferru e Sinis; (3) territorio del nuraghe Nolza ‑ Meana Sardo; (4) Giara di Gesturi; (5) altopiano di Pranu ‛e Muru.  
Distribuzione dei nuraghi in Sardegna.

Argomenti a favore di una Sardegna nuragica unita.

Partiamo dagli elementi più noti: i nuraghi. Stessa varietà di tipologie consistente in protonuraghi, nuraghi monotorre e complessi; stessa identica tecnica di costruzione; stesso impianto che consiste in entrata, camera con volta a tholos, scala elicoidale che porta a camera a tholos superiore oppure al terrazzo, eventualmente connesso con antemurale. Finito? No! Abbiamo le medesime tipologie di edifici sparsi per tutta la nostra isola, basti pensare ai pozzi sacri, alle tombe dei giganti (anche se le tombe a prospetto sono presenti soltanto al nord), ai tempietti a megaron, alle capanne. E la cultura materiale? A livello generale, pur con alcune piccole differenze e variazioni, è identica in tutti gli angoli della Sardegna.

Argomento a favore di una Sardegna nuragica disunita.

La mancanza, allo stato attuale delle cose, TRA I NURAGHI PIÙ GRANDI, di un nuraghe che, tra quelli presenti IN TUTTA LA SARDEGNA, IN MANIERA NETTA E INDISCUTIBILE, non sia superiore agli altri in termini di estensione, badate bene, ESTENSIONE della struttura (ovvero, quanti mq di terreno occupa quella struttura); basti pensare a Su Nuraxi di Barumini (Sud Sardegna), oppure basti pensare al nuraghe Arrubbiu di Orroli (Sud Sardegna) o al Santu Antine di Torralba (SS); si tratta infatti di nuraghi, tolto il numero delle torri, di dimensioni davvero simili; da tenere d'occhio il nuraghe S'Uraki di San Vero Milis (OR) che non è ancora stato tirato fuori ma che è dotato di un antemurale veramente impressionante (però non è stato ancora scavato per cui, nel suo caso, potrei benissimo ricevere una smentita col proseguo degli scavi).


Da in alto a sinistra, in senso orario: il nuraghi Su Nuraxi, Santu Antine, S'Uraki e Arrubbiu. Foto prese dal satellite di google maps, zoom al massimo (1,7 cm = 10 m).

Aldilà però di quei magnifici che vi ho citato, anche prendendo dei gruppi di nuraghi complessi meno conosciuti ma vicini fra di loro, come i nuraghi nella zona tra il comune di Borore (NU) ed Aidomaggiore (OR) non sembrano esserci grandi differenze di dimensione (anche se si tratta di nuraghi non scavati e pertanto potrei essere smentito).

Un altro elemento da tenere in considerazione non è relativo soltanto ai dati archeologici ma al contesto in cui si trovavano in cui si trovano: la Sardegna infatti è un'isola prevalentemente montuosa e collinosa, non esistevano corrieri a cavallo per fare delle comunicazioni e la scrittura non esisteva ancora  (per chi volesse saperne qualcosa di più,
https://illeggiadromondodimartino.blogspot.it/2018/01/la-scrittura-nuragica-una-bella-gatta.html); in un contesto simile erano certamente possibili delle comunicazioni rapide a distanze relativamente brevi tra i vari villaggi e nuraghi (sarei un cretino ad affermare che ciascun abitato o nuraghe vivesse per cazzi suoi) ma è molto difficile pensare che potesse valere anche per lunghe distanze.

Altro elemento importante era la presenza, non di uno, di più santuari nuragici nella la Sardegna. Basti pensare al santuario di Santa Vittoria di Serri (Sud Sardegna), al Santa Cristina di Paulilatino (OR), Genna Maria di Fonni (NU) ed Abini di Teti (NU).

Infine va tenuto conto di quegli unicum in campo artistico ed archeologico che corrispondono all'altare presente nel nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca (Sud Sardegna) e agli ormai noti  giganti di Monti Prama, Cabras (OR), presenti soltanto nelle rispettive zone di ritrovamento ed appartenenza.

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Altare nuragico del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca.

Conclusioni.

Analizzando i dati qui raccolti, solo due, a mio avviso, risultano determinanti: le dimensioni dei nuraghi ed il contesto, di cui ho parlato sopra, in cui essi e gli abitati venivano a trovarsi.
Si potrebbero citare anche i villaggi nuragici in cui i più grandi, quello di Su Nuraxi e quello di Serra Orrios (NU), svettano tra tutti per estensione e numero di capanne, però va detto che esistono villaggi che devono ancora essere scavati per esteso e che potrebbero rivelarsi molto più estesi di quanto non lo sembrino ora.
Quindi, a mio avviso, la Sardegna nuragica non era unita.

Perché? perché in uno stato unitario, come poteva essere un Regno di Persia, Regno d'Egitto (epoca ellenistica) ed un Impero Romano, una caratteristica principale è l'avere una capitale che sia la città più importante e grande di tutto il regno/impero, cosa che non sembra essere verificabile in Sardegna nel periodo nuragico per quel che concerne i nuraghi complessi.
Uno a questo punto potrebbe obbiettare puntando sull'omogeneità, a livello generale, culturale ed architettonica; il punto è che pure nella Grecia classica e nelle colonie della Magna Grecia era così, tanto che gli stessi greci erano orgogliosi della loro identità fino a livelli decisamente razzisti, ma a livello politico erano completamente divisi (se provavate a mettere vicini un cittadino ateniese ed uno spartano era già qualcosa se si limitavano a sputarsi in faccia a vicenda) e tali divisioni spesso, come la storia ci insegna, sfociavano in guerra.

Tuttavia, BADATE BENE, questo non significa necessariamente che si odiassero di villaggio in villaggio o di gruppi in gruppi, ma che fosse possibile che i tanti villaggi si riunissero in delle entità politiche determinate le quali potevano essere indipendenti tra loro ma comunque in ottimi rapporti. Ma queste che ho scritto al merito sono soltanto mie ipotesi.

E voi che ne pensate? Se avete altri dati da riportarmi, non fatevi problemi, commentate.
Spero che l'articolo vi sia piaciuto, ci si vede ;)

giovedì 22 febbraio 2018

Mariano IV di Arborea e la sua guerra contro la corona di Aragona. Un libro di Andrea Garau.


Visto che l'argomento precedente aveva una pertinenza alla cultura alla storia ed all'archeologia pari al congiuntivo con Francesco Totti, era cosa buona e giusta rifarsi un poco il blog con qualcosa di antitetico: un libro. O meglio: un libro su un periodo estremamente importante per la nostra storia.

Come già detto in un mio post precedente, la parte più importante della storia sarda risulta essere nel basso Medioevo visto le conseguenze a livello culturale e storico (non è stata certo una gran cosa stare con gli spagnoli in età moderna). Un altro fattore di importanza per quel periodo è il fatto che molto probabilmente abbiamo avuto le personalità sarde più grandi della nostra storia: Mariano IV di Arborea e sua figlia Eleonora d'Arborea. Se quest'ultima risulta essere più famosa, per ovvi meriti (difficilissimo essere una donna e poter regnare in pieno Medioevo), va anche detto che senza l'opera del padre se la sarebbe dovuta sudare ancor più di quanto non lo abbia già fatto in vita sua. Entrambi sono accomunati da due cose: il regno nel loro giudicato e la guerra contro gli aragonesi. Ed entrambi sono stati una brutta bestia per la corona di Aragona. Mariano IV in particolare stava per cacciarli definitivamente da tutta la Sardegna. Purtroppo però si beccò la peste e morì nel 1375. La stessa malattia si sarebbe poi portata via sua figlia, sempre nel momento in cui stava per sconfiggere gli aragonesi, segno che nella corona di Aragona ci sapevano fare con mazzine e fatture.

Il libro di cui oggi vi parlerò è un saggio fatto da Andrea Garau, riguardante proprio Mariano IV di Bas Serra (o di Arborea se preferite) e la sua guerra contro la corona di Aragona.


Si tratta di un saggio di 218 pagine diviso in quattro capitoli, a loro volta divisi in sottocapitoli, ed approfondisce nel dettaglio la figura dello stesso giudice di Arborea, il suo profilo politico e militare, il suo regno, la sua guerra contro il Regno di Aragona (il cui re in carica era Pietro IV il Cerimonioso) e gli eserciti messi in campo.

Ho trovato questo libro davvero interessante perché offre un quadro completo della nascita del sovrano della sua formazione a Barcellona (lui stesso e sua padre erano feudatari di re Pietro IV di Aragona), della sua abilità nel muoversi nello scacchiere internazionale e nelle strategie che ha adottato. Non starò lì a spiegare ogni singola cosa del libro, non sarebbe corretto verso l'autore che lo ha scritto, per cui vi posso scrivere le cose che più mi hanno colpito:


  1. La muta Sarda consistente in un ricambio costante di truppe fresche tra soldati al fronte e contadini che lavorano la terra.
  2. La scoperta di una netta preferenza di tattiche di guerriglia allo scontro campale non solo in Sardegna ma in tutta Europa durante il Medioevo (altro che battaglie campali in stile Braveheart).
  3. Tutto il sottogioco di trame ed apparenze che Mariano IV usava per giustificarsi delle sue azioni di fronte al mondo intero e a re Pietro di Aragona, a riprova che il nostro giudice non era certo uno scemo.
Va detto poi che la lettura in se è davvero buona: l'autore scrive in maniera perfettamente comprensibile ma allo stesso tempo molto dettagliata su ogni singolo elemento presente durante il regno di Mariano IV come giudice d'Arborea, comprese le testimonianze scritte dei personaggi in gioco in quel periodo e di quelli al di fuori di quel tempo ma le cui informazioni potevano essere molto utili per comprendere certe dinamiche che si verificavano nel basso Medioevo sardo.

Considerato che si tratta di un opera basata esclusivamente nel periodo di guerra di Mariano IV, la consiglio caldamente a tutti per approfondire la conoscenza del periodo in questione e di quello che, al pari di sua figlia, secondo me è stato il più illustre protagonista della storia di tutta la Sardegna.

Spero che questa piccola recensione vi sia piaciuta e che vi abbia invogliato a comprarlo, ci vediamo al prossimo articolo. In cui parlerò di nuovo di archeologia. A presto ;)

lunedì 19 febbraio 2018

Archeogaming: Europa Barbarorum. Quando una mod surclassa il capolavoro da cui è tratto.


Si, lo so, fa un certo effetto vedere un post su un videogioco dopo tutta una serie di post seri sull'archeologia in Sardegna. Un abbinamento che ci azzecca come il latte di suocera (distillato di oltre 70 gradi alcolici) a colazione. Conscio di questa discrepanza madornale tra i temi trattati, i videogiochi che tratterò io, da buon archeologo, saranno prettamente vecchia scuola (dagli anni 80-90 fino ai primi anni 2000) o avranno comunque un tema storico (come il gioco e la mod che verranno trattati oggi). Tanto che ho deciso di chiamare questa rubrica Archeogaming.



Partiamo dalle spiegazioni per chi non conosce queste cose: cos'è una mod? semplice, è una versione modificata di un gioco originale che possiede più contenuti o degli elementi differenti. Provate ad immaginarvi Super Mario che, invece che saltare sopra funghi e tartarughe, si cappotta ad alta velocità nel mondo di Sonic e viceversa. In buona sostanza, modificare un gioco originale è la stessa cosa di prepararsi la macchina per farla andare più veloce o per renderla più figa.



Fatta questa breve spiegazione passiamo al gioco originale: Rome Total War è un gioco strategico del 2004, ambientato nel 272 a.C. , per metà è a turni e metà è a tempo reale, in cui puoi impersonare i romani, divisi in tre famiglie (Giulii, Valeri e Scipioni) con il senato a dare ordini, in tutta la loro sete di potere che prendono e conquistano terre come se non ci fosse un domani. Oltre a loro si può comunque giocare con altre fazioni che sono i greci, i macedoni, i seleucidi, i parti, gli egizi, i cartaginesi, i galli, i britanni ed i germani ma, visto anche il titolo, è facile capire quale sia la fazione più forte.

Il gioco ebbe un grandissimo successo, peraltro meritato visto che è veramente bello, giocabile, vasto e, soprattutto, divertente.

Unico difetto: ricostruzione storica falsata. Perché molte delle truppe, da un punto di vista storico non stanno ne in cielo e ne in terra. Esempio: berserker germainci che con un colpo di piccone fanno letteralmente volare i malcapitati, egizi che hanno le stesse truppe che usavano fino all'età del bronzo (quando in realtà, nel 272 a.C. venivano utilizzate truppe di tipo alessandrino con armamento greco-macedone), imitazioni numide ed armene dei legionari romani (con lo stesso identico armamento), britanni che LANCIANO TESTE MOZZATE come gli orchi di Sauron durante l'assedio di Gondor, guerrieri germanici ed opliti spartani, che combattono alla stessa maniera della falange macedone con picche di oltre 4 metri (proponevi una cosa del genere ad uno spartano e quello, come minimo, ti sputava in faccia; figuriamoci quello germanico) e tante altre boiate. Ma del resto è una pinnica tipica di chi è archeologo o storico.

Persino ad Hollywood inorridirebbero.


Qualche team, però, si era preoccupato di levare tutte queste pinniche. Come? Prendendo il gioco originale, ampliandone la mappa per estenderla dalla penisola iberica fino ai confini dell'India e dalla Nubia fino a sud della Scandinavia, cambiando fazioni ed aggiungendovene alcune veramente fighe, tra queste vi sono: regno di Battriana (il mio preferito), regno di Saba, nomadi Saka, Sarmati e regno d'Epiro. Un'altra cosa davvero bella è che  i romani dovranno aver a che fare con gente della loro stessa forza che utilizza svariati tipi di truppe per metterli in difficoltà.

Parlando proprio di truppe, sono presenti tutta una serie di tipi di unità militari a disposizione di ogni regno, ciascuna ben definita e diversa dall'altra, non troverete mai truppe identiche in fazioni diverse (come invece accadeva nel gioco originale) e avrete tutta un accurata attenzione per il dettaglio, con tanto di nome nelle lingua originale per ogni fazione (le truppe di tipo medio-orientale avranno un linguaggio che dovrebbe essere l'antico persiano, galli e britanni parleranno celtico, i greci ed i macedoni greco ed i romani latino). E avrete le truppe egizie vestite, a livello generale, alla maniera greca.
Una maggior differenziazione delle truppe si traduce in maggior selezione, maggior strategia da applicare per vincere battaglie e guerre, maggior livello di sfida e, quindi, maggior soddisfazione.

Immagine correlata
La mappa di Europa Barbarorum. Giusto per farvi capire di che si tratta. Quelle colorate sono le fazioni giocabili.

Uno si chiede: ci sono pure i sardi? la risposta è SI! CI SIAMO ANCHE NOI! Col nome di Dorkim Shardanim (in fencio: fanteria sarda).
Peccato purtroppo che A) non siamo una fazione a parte ma siamo una singola truppa sotto i cartaginesi (è il 272 a.C. baby), B) facciamo abbastanza pena come truppe.

Eccoci qui, prodi guerrieri che dominarono tutto il mediterraneo (così si direbbe), peccato che il manuale dica chiaro: truppe leggere che non resistono a lungo in un corpo a corpo, da usare per tattiche mordi e fuggi o nella difesa delle città. Un modo carino per dire che siamo delle mezze cartucce, basterebbe anche solo guardare l'aspetto generale dell'unità :(

Superato questo piccolo dispiacere, non so quanto siano effettivamente veritiere tutte le ricostruzioni effettuate, sono presenti alcune imprecisioni fatte sicuramente per colmare dei buchi (come i nomi greci dati alle truppe daciche per compensare l'assenza del dacico) ma è certo un passo avanti rispetto ai fenomeni da baraccone che venivano mostrati nel gioco originale.

Per chi volesse scaricare la mod, prima compratevi il gioco, poi vi scaricate lo scaricabile al link https://www.europabarbarorum.com/EB1/index.html

Spero che i lettori abituali non ne restino delusi, annuncio inoltre che il mio prossimo articolo sarà dedicato non all'archeologia ma ad un libro che ho letto. Si tratta di un saggio.

Al prossimo articolo


sabato 17 febbraio 2018

I fenici in Sardegna: colonizzatori o no?


Ed eccoci qui con una delle questioni più discusse dell'archeologia: la presenza dei fenici in Sardegna. Un argomento che si è sempre evoluto con l'acquisizione di nuovi dati che chiarivano sempre più il ruolo di queste popolazioni provenienti dal Libano e che hanno svolto una parte importante durante gli ultimi periodi dell'epoca nuragica. Se in passato si vedevano i nostri cari levantini come dei colonizzatori nel senso lato del termine, oggi il loro ruolo appare diverso rispetto a quanto era ipotizzato prima, ovvero delle popolazioni prettamente mercantili il cui obbiettivo era quello di ottenere delle risorse per la madrepatria.
Quindi questo vuol dire che alla fine non erano dei colonizzatori? NI. Nel senso: Alla fine, anche se senza uso della forza, si insediano comunque nei nostri territori.

Partiamo dal principio: i fenici vivevano in città presenti nella costa libanese, le più importanti di queste sono Biblio, Sidone e Tiro; quest'ultima è quella che da maggior impulso alla colonizzazione, il dio cittadino Melqart è infatti venerato pure negli insediamenti fenici presenti a sud della penisola iberica; sebbene tutto il mondo conosciuto li chiami fenici, loro vogliono farsi chiamare con i nomi delle città a cui appartengono (tiri, sidoni e bibli).

Il punto di forza di queste popolazioni è il fatto di trovarsi in una posizione parecchio fortunata in quanto hanno a disposizione, ad ovest, le coste e i golfi in cui far partire i loro commerci ed hanno alle spalle, ad est, le foreste di cedri, alberi che forniscono un legno estremamente pregiato e richiesto sia come materiale di lusso che come materiale di costruzione di navi (infatti il suo profumo tiene lontani i parassiti del legno). Queste due cose, unite al fatto che sono ottimi navigatori, consentono loro di ritagliarsi una fetta molto importante nei commerci del Mar Mediterraneo.

E siccome il denaro chiama denaro, durante l'età del Ferro estendono il loro commerci fino alla penisola iberica in quanto fonderanno una colonia proprio nel sud della Spagna, Gadir (attuale Cadice). Ovviamente, visto che scemi non sono, non avendo crociere come quelle della MSC e non potendo fare la tratta diretta Tiro-Gadir senza toccare terra, avevano bisogno di scali fissi in cui poter approdare per sostare, fare rifornimento e, già che c'erano, di mercanteggiare ulteriormente (uno di questi diventerà Cartagine, situata nell'odierna Tunisia). E la Sardegna è un ottimo scalo vista la sua posizione che porta alle Baleari, che a loro volta portavano alla Spagna.

Purtroppo per loro, i fenici dovranno fare i conti con un vicino parecchio potente e pericoloso: l'Impero Assiro. Quest'ultimo è la potenza più grande di tutto il vicino oriente, un impero vastissimo che si parte dall'odierno Iraq e si estende fino a toccare la costa siro-palestinese, le sponde del Mar Rosso, piccola parte dell'attuale Iran e le pendici a sud del Caucaso.

Impero Assiro fino alla sua massima espansione.

Agli assiri, al pari della Germania nazista, basta solo un pretesto per iniziare un guerra di conquista in cui tutti quelli che si trovano sul loro cammino vengono sconfitti ed umiliati, con conseguenze spesso disastrose per le loro città (saccheggi, distruzioni e via dicendo).
Le città fenicie, coi loro commerci fiorenti e le loro ricchezze non possono non fare gola a Ninive (capitale dell'impero). Tuttavia, invece che attaccarli direttamente, esigono ed impongono un tributo affinché le città fenicie possano continuare le loro attività, a patto che, proprio a suon di tributi, riconoscano la loro egemonia; i fenici, vista la disparità di forze, accettano in un primo momento, salvo poi ribellarsi per due volte, formando una coalizione anti-assira, prima contro il re Salmanassar IV e successivamente contro Sennacherib; entrambe le rivolte si concludono con una sconfitta, l'ultima in particolare è la più brutta in quanto Sennacherib decide di distruggere Sidone come ammonimento. Tiro, dicasi culo, riesce comunque a salvarsi ma deve comunque sottostare ai tributi assiri.

Potevano dunque i fenici, con tutte queste rogne, con i tributi da pagare a trassa di cartella esattoriale di Equitalia e con un esercito cittadino da gestire nei loro territori durante le rivolte contro gli Assiri, poter imporre con la forza le loro colonie utilizzando truppe armate in tutto il Mediterraneo occidentale? Direi proprio di no, soprattutto se giochi in casa d'altri dove devi avere a che fare con popolazioni ben armate e pronte a difendere la loro terra col sangue.

I casi sono due: o continuavano ad inviare aiuti e tributi alla città madre, Tiro, oppure cercavano di rendersi più autonome fino a giungere l'indipendenza, come fece a suo tempo Cartagine dopo la conquista della stessa Tiro da parte del Neo Impero Babilonese, sotto re Nabucodonosor II. È quindi possibile che le colonie fenicie in Sardegna (Tharros, Sulky, Bithia, Othoca e altre ancora) fossero divenute anche loro indipendenti una volta decaduta la madrepatria. Va da se che comunque sono già state trovate delle tombe fenicie con punte di lancia in ferro in mezzo al corredo, pertanto è comunque attestata la presenza di fanti armati che tuttavia dovevano avere funzione esclusivamente di difesa della colonia. 

Tomba a cista fenicia di Bithia con urna cineraria e corredo fatto da piatto, unguentario, vaso a collo, brocchetta in ceramica e lame in ferro; Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

Veniamo al dunque, che è successo in Sardegna? Succede che i coloni ottennero dai nativi pezzi di terra in cui stabilire i loro insediamenti. Questa cosa conveniva ad entrambi in quanto A) i levantini potevano inviare le loro ricchezze alla madrepatria e fare affari con gli indigeni, B) i sardi nuragici potevano godere dei commerci di svariati beni, comuni e di lusso, con un partner ben fornito senza dover andare a casino tra oriente e occidente del Mediterraneo. In particolare a notata la presenza di manufatti fenici in siti nuragici, come il torciere di bronzo rinvenuto nel nuraghe S'Uraki, San Vero Milis (OR), e viceversa, come il pugnale nuragico in bronzo rinvenuto a Bithia, Domus de Maria (Sud Sardegna) Questi dati attestano dei rapporti generalmente pacifici e anche di convivenza che, probabilmente, portarono alla formazione di comunità miste; un esempio di queste ultime è la presenza collettiva di nuragici e fenici documentati presso il nuraghe Sirai, Carbonia (Sud Sardegna), ed il nuraghe Tratalias nel comune omonimo (Sud Sardegna).

Torciere fenicio in bronzo rinvenuto a S'Uraki, San Vero Milis (OR) e pugnale in bronzo rinvenuto a Bithia, Domus de Maria (Sud Sardegna).

Va comunque detto che sono registrate tracce di distruzione in alcuni insediamenti, uno di questi è il sito nuragico di Su Cungiau 'e Funtà, Nuraxinieddu (OR), dove vi sono tracce di incendio risalenti al secolo VIII a.C.; dopo tale incendio, l'insediamento non sarà più abitato fino all'età punica; non è comunque certo se l'incendio sia frutto di un incidente o se sia nato dalla mano dell'uomo; in tal caso per trovare un colpevole, tra altre comunità nuragiche e fenicie, servirebbero nuovi dati. O la macchina del tempo.

In definitiva, possiamo dire, visto che l'obiettivo era quello di creare dei mercati e punti di scalo per le rotte commerciali del Mediterraneo occidentale, che le modalità di insediamento sono ben diverse dalle modalità di colonizzazione nel senso lato del termine che applicheranno i Cartaginesi a fine VI secolo a.C., in quanto sembrano più impostate verso la collaborazione e l'integrazione tra i due popoli fino a creare, come spiegato prima, delle comunità miste.

Per chi volesse approfondire il discorso, eccovi un articolo (già linkato in un precedente post sul blog), molto più dettagliato di quanto scritto sopra, di Laura Napoli ed Elisa Bompianu riguardo ai rapporti tra nuragici e fenici
http://www.bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it/documenti/generale/2_NAPOLI_POMPIANU.pdf .

E questo è un articolo che parla della comunità nuragico-fenicia presente nel nuraghe Sirai
https://www.academia.edu/31629324/L_età_del_Ferro_del_Nuraghe_Sirai_Layers_1_2016_

E voi cosa ne pensate? Spero vi sia piaciuto quanto scritto; se vi va, lasciate un commento. Al prossimo articolo ;) . 


mercoledì 14 febbraio 2018

Ricostruire i nuraghi crollati: è possibile farlo?


A quanti di voi sarà capitato, andando in giro per  le campagne dell'entroterra sardo, di trovare dei ruderi fatti pietre grosse e  leggermente sagomate che sembrano quasi dei cumuli fatti dopo una sessione di spietramento del terreno per renderlo più fertile? Come? Soltanto cumuli di spietramento? E se vi dicessi che molto probabilmente siete passati affianco a quello che era forse un nuraghe monotorre? Io, che ho fatto una tesi magistrale in un'area compresa tra Borore ed Aidomaggiore, ne so qualcosa (la foto che vedete in alto è il nuraghe Sa Mura 'e Su Crecu, Borore (NU)). E ce ne sono tanti, tantissimi, troppi.
Chi è anche solo appassionato di archeologia a livello generale condividerà col sottoscritto che è davvero un peccato che quello che poteva essere un altissimo monotorre o un gigantesco complesso a tre/quattro torri sia ridotto ad un miserabile cumulo di macerie.

Perché a questo punto non riportarlo al suo splendore originario?

Facilissimo a dirsi, fottutamente difficile a farsi. Perché? Noi italiani abbiamo tra i restauratori migliori al mondo, gente che restaura chiese danneggiate ricostruendo dalle briciole le loro volte distrutte con tutti i loro eventuali mosaici ed affreschi (vedasi la parte superiore della basilica di San Francesco d'Assisi, danneggiata in malo modo dal terremoto del 1997)Abbiamo gente che restaura interi quartieri a Pompei e che, ad Israele, riattacca alla perfezione degli affreschi romani che si erano staccati dalle pareti quasi una sessantina d'anni fa; che vuoi che sia rimettere in pietre quattro pietre in cerchio? In realtà, nonostante la sua tessitura apparentemente semplice (sottoscrivo, APPARENTEMENTE semplice), ricostruire un nuraghe crollato è una bella gatta da pelare.

Prima di cominciare, voglio precisare una cosa: sono laureato in archeologia, non sono un restauratore od un architetto e pertanto sono ben conscio di addentrarmi in un campo che, tecnicamente, non mi compete, ragion per cui qualunque architetto o restauratore decidesse di cazziarmi o di fare soltanto un appunto è più che benvenuto. :)

Cominciamo col dire un cosa spiacevole ma doverosa: non tutti i nuraghi sono ricostruibili. In Sardegna abbiamo oltre 7000 nuraghi, secondo le fonti popolari, ed andare a ricostruire QUALUNQUE nuraghe crollato o in pessime condizioni è inverosimile dal punto di vista finanziario, visto che richiederebbe delle cifre non indifferenti, ed inimmaginabilmente orrendo dal punto di vista burocratico in quanto, vista pure la terrificante burocrazia che abbiamo, ci ritroveremmo due soprintendenze archeologiche ingolfate all'ennesima potenza. Occorre quindi fare una selezione di quali nuraghi vogliamo rimettere in piedi.

Che nuraghe scegliamo? E come facciamo questa selezione? Serve verificare, per prima cosa, se il nuraghe sia per la maggior parte interrato o se sia del tutto esposto. È molto facile prendere un granchio in quando si ci si concentra solo quello che si vede in superficie, esistono dei nuraghi complessi non scavati che, ad una prima occhiata, sembrano dei monotorri perché hanno le torri laterali nascoste nel terreno. Occorre quindi fare le dovute osservazioni e ricognizioni per stabilire se il nuraghe sia pronto da rimettere in sesto o se nasconda qualcosina sotto.

Nuraghe Bighinzones, Borore (NU). Non è un monotorre.

Se, una volta fatte le dovute indagini, si scopre che il nuraghe è parzialmente interrato, si procederà agli scavi archeologici per tirare fuori la struttura nascosta nel terreno; è possibile trovare altri crolli col procedere dello scavo. Una volta tirata fuori tutta la struttura, o se questa era del tutto emersa già da prima, si verifica se sia crollato del tutto o se ci sono delle porzioni che rimangono in piedi.

Un nuraghe con delle parti integre ed una distrutta si potrebbe ricostruire, ma in che modo? Se si hanno documentazioni scritte o, meglio ancora, fotografiche, di quella parte crollata che in passato stava in piedi, allora ci si potrebbe basare su quella. Inutile dirlo, sarebbe molto meglio utilizzare le pietre provenienti dal crollo per ricostruire il nuraghi.
Ma come si fa a ricostruire una parte della quale ignoriamo che forma precisa avesse un tempo? Ci si potrebbe basare sulle parti ancora in piedi e, seguendo le similitudini, cercare di ricostruirla simile ad esse ma sarebbe una scelta estremamente azzardata in quanto resta il fatto che non abbiamo documentazione che provi che quella eventuale parte ricostruita fosse tale e quale a quando era prima di crollare. Si corre quindi il rischio di creare un falso archeologico e dunque non è affatto consigliabile cercare di ricostruirlo.

E un nuraghe completamente distrutto? Semplice: lo si lascia così com'è. Perché non si può ricostruire qualcosa della quale non ho nemmeno idea di come doveva essere un tempo; a meno che non si abbia tutta una documentazione fotografica che me lo riprenda nei minimi dettagli, ma sarebbe comunque un'impresa quasi impossibile.

Nuraghe Diego Puzone, Borore (NU). Ormai spacciato.

Un'altro elemento che rende il tutto ancora più complicato è che proprio per il fatto che si tratti di strutture costruite con pietre leggermente sagomate e terriccio al centro della muratura invece che di strutture fatte in pietre o mattoni perfettamente regolari e squadrate: in quest'ultimo caso, per via delle forme generalmente identiche o comunque perfettamente riconoscibili, è molto più facile individuare il tipo di elementi da piazzare; nel primo invece bisogna azzeccare bene il tipo di pietre da inserire bene e tenere conto che ogni pietra ha forma e dimensione diverse a seconda della posizione che occupava originariamente all'interno della muratura del nuraghe.

A questo punto è lecito chiedersi: esiste un nuraghe che sia mai stato restaurato? Certo che si e si tratta del nuraghe complesso Appiu a Villanova Monteleone (SS). La cosa curiosa è che prima di essere scavato e restaurato, era considerato un inutile ammasso di pietre :D. 
Vi lascio i link in descrizione per farvi capire di che si tratta 

http://paesepoglina.altervista.org/a-proposito-del-convegno-riscopriamo-nuraghe-appiu/?doing_wp_cron=1518466767.9328999519348144531250
http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html_646593300.html
http://www.neroargento.com/page_galle/appiunur_gallery.htm

Cosa ne pensate? Siete d'accordo con quanto scritto? Come già scritto all'inizio, se siete restauratori ed architetti e avete intenzione di fare un appunto lasciate tranquillamente un commento. Ci si vede ;).

venerdì 9 febbraio 2018

La storia della Sardegna: perché è così poco conosciuta e perché è difficile insegnarla.



Prima di cominciare, dico subito una cosa: ai tempi del liceo, la pensavo uguale a quanto scritto in questo meme; da buon studente italiano medio il mio obbiettivo era giusto quello di essere promosso senza possibilmente avere debiti, impresa riuscita al 100% per tutti e cinque gli anni, nonostante fossi una sega nel tradurre greco e latino, poco importa se ne uscivo con uno striminzito 6 per la maggior parte delle materie (tranne storia e storia dell'arte dove sapevo il fatto mio); sai che mi fregava, al tempo, di studiare la storia della Sardegna che A) era roba non obbligatoria e quindi non necessaria per prendere bei voti, B) non era interessante, C) si riassumeva in "ci sono i nuragici, poi arrivano i fenici, dopo ci conquistano i romani, poi ci sono gli spagnoli, arrivano i Savoia e blablabla...". Fortunatamente ebbi modo di cambiare mentalità, una volta tastando con mano la realtà universitaria, e di mettermi di buzzo buono; fatto ciò, ho studiato persino la storia della Sardegna fino ai giorni nostri.

Fatta questa piccola e personale premessa, inizio col dire che la storia della Sardegna è parecchio interessante di suo, soprattutto durante l'età medievale; proprio nel medioevo si verificheranno tutta una serie di eventi altamente che avranno una fortissima influenza non solo sulla nostra storia ma anche sulla nostra identità culturale: 

  1. Il dominio dell'impero Bizantino.
  2. La formazione dei giudicati e tutte le loro contese.
  3. L'influenza pisana e genovese.
  4. Il periodo aragonese, le guerre con il giudicato di Arborea e Sa Battalla di Sanluri.
  5. La battaglia di Macomer, l'ultima contro gli aragonesi, ed il passaggio alla corona di Spagna.
Ovviamente va tenuto conto anche delle età successive che vedono il dominio spagnolo, il passaggio alla corona sabauda, le battaglie di Giovanni Maria Agioy contro il feudalesimo, la fusione col Piemonte ed i primi momenti in cui facemmo parte del Regno d'Italia.
Non ho intenzione di fare un pippone su quanto sia importante studiare il nostro passato, in quanto è cosa ovvia e scontata farlo, in modo da capire le nostre radici e determinati errori del passato per non fare più cazzate in futuro, ma vado dritto al sodo: La storia della Sardegna la conoscono in molti pochi. Perché NON SE LA CAGA QUASI NESSUNO.
E questo è un male. Perché tutto questo?



Gli stemmi dai quattro giudicati di Sardegna, da sinistra in alto, senso orario: Giudicato di Cagliari, Giudicato di Gallura, Giudicato di Arborea e Giudicato di Torres.

I motivi che stanno dietro a questo sono tre:

  1. L'ignoranza generale degli italiani (e dunque anche dei sardi), e questo è dato, purtroppo, per scontato.
  2. Il fatto che la nostra storia, durante il medioevo, abbia avuto pochi momenti davvero gloriosi e degni di nota rispetto a quella di altre regioni italiane (come la Toscana o il Veneto).
  3. La sua assenza nei programmi scolastici nazionali e la sua difficoltà ad inserirla tra le svariate lezioni di storia.
Quest'ultimo problema è dovuto al fatto che A) nelle scuole sarde, generalmente, si arriva alla fine del programma sempre piuttosto indietro con gli obbiettivi prefissati (tradotto: non si riesce a studiare tutto quello che prevede l'anno scolastico) e questo crea delle lacune che generano ulteriori ritardi (vi basti pensare che alla fine del liceo non ero manco arrivato alla seconda guerra mondiale), da lì la mancanza di tempo da dedicare alla storia della Sardegna; B) non è comunque un insegnamento importante ai fini dell'avanzamento scolastico degli alunni; C) come scritto nella premessa, agli studenti liceali, in linea generale, NON GLIENE PUÒ FREGAR DI MENO. Triste ma vero.

Servono quindi delle soluzioni perché venga colmata questa grave lacuna visto che il nostro sistema scolastico, insieme ai licei, sono inadeguati per affrontare la questione. Come fare? Nel mio piccolo avrei delle idee che spero possano essere prese in considerazione in futuro.


Visto che metterlo come obbligatorio sarebbe deleterio (anche se, personalmente, l'idea non  mi guasterebbe), si potrebbero fare dei corsi serali facoltativi nelle scuole di qualunque grado (elementari, medie e superiori) durante il pomeriggio, cosicché chi fosse interessato potrebbe seguirli in tutta tranquillità; ovviamente, per rendere il tutto più appetibile per gli insegnanti che li tengono e per gli alunni che li seguono, sarebbe bene mettere degli incentivi: in questo caso si potrebbe dare un bonus extra di stipendio ai professori che fanno i corsi e dei crediti extra per gli studenti che decidono di seguirli. Qualora gli insegnanti non fossero disponibili, potrebbero benissimo farli i supplenti in modo che questi possano fare già dell'esperienza lavorativa remunerativa in termini di salario ed esperienza.


Faccio queste proposte conscio del fatto che esistono dei docenti che già operano in modo da insegnare la storia sarda con svariate iniziative, in passato, dedicate ad essa (http://www.sardiniapost.it/culture/una-rete-di-docenti-porta-a-scuola-la-storia-della-sardegna/ e https://www.cnr.it/en/event/14815/insegnare-e-valorizzare-la-storia-della-sardegna-cultura-identita-scuola-e-innovazione-didattica) e del fatto che sono ignorante sulle dinamiche interne di ogni singola scuola.


Voi cosa ne pensate? Conoscete qualche scuola che ha già provveduto all'insegnamento della storia della Sardegna? Se si, commentate. Ci si vede ;)