venerdì 20 aprile 2018

Nuragica - La Mostra: cosa ne penso




Visti i cartelloni, vista la pubblicità presente su Facebook, visto anche il fatto che la mostra, stando a quanto detto dagli organizzatori, si è rivelata un successo tale da consentire persino una proroga al 29 Aprile (prima la si voleva terminare il 25 Febbraio), vista la mia formazione ed il mio percorso come protostorico e visto pure che mi trovavo a Sassari  per un'intervista ad un genetista di fama internazionale (che vedrete prossimamente su questo blog), sarebbe stato quantomeno moralmente criminale non poter partecipare alla mostra di cui tutti parlavano a Sassari in questo momento, NURAGICA - LA MOSTRA.

Stando ai cartelloni pubblicitari, la mostra si propone come una visita fuori dai canoni di una regolare visita al museo, tanto che vengono mostrati un ragazzo ed una ragazza con un VR; di conseguenza la prima cosa che mi viene in mente è che si tratti di una visita fatta esclusivamente in realtà virtuale. Sarà veramente così? Sarà quel viaggio meraviglioso che viene pubblicizzato a pompa magna? Oppure sarà una bidonata di proporzioni ciclopiche?
Prima di partire con la spiegazione, cominciamo subito a dire una cosa fondamentale: la realtà virtuale verrà usata solo alla fine del percorso guidato e, quest'ultima, durerà 7 minuti circa. Detto così potrebbe sembrare una cosa alquanto deludente, specie se vedi dei cartelli pubblicitari che insistono su questo aspetto, ma fidatevi che è molto meglio così, per ragioni che dirò subito nelle righe sottostanti.
Detto questo, cominciamo!

La mostra si articola in una visita guidata e inizia con un ripasso delle prime presenze umane in Sardegna e le varie culture prenuragiche presenti in sull'isola, quelle che costituiranno l'humus in cui crescerà la civiltà nuragica; poi si passa a narrare la civiltà nuragica in tutte le sue sfaccettature.
Si incomincia dalla spiegazione delle strutture più caratteristiche (nuraghi, tombe dei giganti, pozzi sacri etc..), degne di nota sono le ricostruzioni fedeli dell'entrata di un nuraghe, del suo cortile interno e della facciata della tomba dei giganti di Coddu Vecchiu, Arzachena (OT) in scala naturale, quest'ultima rende molto bene la magnificenza e l'imponenza di quella originale. La spiegazione in se non è a comparti stagni ma procede in senso diacronico (nel senso che, mentre passa da un secolo all'altro, spiega la nascita di queste strutture nei vari secoli) e per questo bisogna veramente fare complimenti alle guide turistiche che ci operano perché sanno fare davvero bene il loro lavoro di divulgatori.

Fatto questo, si sale di piano e si entra dentro la ricostruzione di una capanna circolare nuragica e si spiegano i tipi di abitazione dei sardi nuragici, di come queste erano fatte e dei materiali impiegati per costruire fondamenta e tetto; la capanna in se non è vuota ma contiene  riproduzioni delle  ceramiche ritrovate nei vari siti archeologici nuragici, queste ultime non sono presenti soltanto in bella mostra ma vengono spiegate punto per punto approfondendo la loro funzione e il loro utilizzo.

Interno della capanna e riproduzioni degli oggetti in ceramica al suo interno.

In seguito si passa alla manifattura in bronzo e va detto che li non ho resistito, ho messo in un angolo 25 dei miei 28 anni ed ho incominciato a toccare senza permesso, come un bambino monello, le varie ricostruzioni dei bronzetti e degli arnesi utilizzati dai nuragici; tutto questo mi ha fatto guadagnare un bel rimprovero  da parte della guida ed un sonoro ''cazziatone'' da parte della mia ragazza, posso tuttavia dire che ne è valsa la pena: le riproduzioni dei bronzetti e dei vari utensili in quello che era il loro colore originario sono davvero magnifiche (tranne lo specchio in bronzo che rimaneva opaco in ambedue i lati).

Tale sensazione si ripete quando vengono mostrate tutte le ricostruzioni delle armature in dotazione dei guerrieri e degli arcieri nuragici: protezioni, corazze, elmi, scudi ed armi basate su quelle riprodotte nei bronzetti e trasposte nei minimi dettagli a misura di uomo con materiali di prima qualità come cuoio, legno e bronzo, non della roba scadente presa in qualche negozio cinese per farci qualche costume da carnevale in cartone o in tovaglia da cucina; ognuno dei modelli con addosso armi ed armatura è veramente stupendo è rende davvero l'idea della bellezza e della potenza dell'armamento nuragico (anche se trovo piuttosto opinabile, in uno dei modelli, l'idea di mettere spade votive, piuttosto che pugnali, attaccate agli scudi); anche qui mi sono comportato come un pupetto di 3 anni, anche qui mi sono beccato l'avvertimento di non toccare senza permesso da parte della guida turistica, anche qui mi sono beccato un gran cazziatone da parte della mia ragazza, diventata babysitter al momento (per ovvi motivi).




Riproduzione dell armi e delle armature dei guerrieri nuragici, i miei più sinceri complimenti a chi le ha realizzate.

Le ultime due parti della visita guidata prima dell'immersione nel VR riguardano A) la diffusione dei reperti nuragici per tutto il Mediterraneo come testimonianza dei contatti commerciali che i nuragici ebbero con buona parte delle popolazioni mediterranee, dal sud della Penisola Iberica fino a Cipro ed al Vicino Oriente; B) le riproduzioni dei giganti di Monti Prama dove viene fatta una disamina delle varie teorie sulla presenza delle statue in questione, sulle funzioni ipotizzate, sui punti in cui dovevano essere posti e da dove venisse l'idea di fare delle statue simili.


 Riproduzione dei giganti di Monti Prama e del vestiario di due pugilatori.

Ricostruzione delle rotte degli antichi sardi e luoghi in cui sono stati ritrovati materiali nuragici.

E dopo un'ora di visita guidata si passa alla parte clou della visita: la realtà virtuale!
L'immersione in quest'ultima viene proposta come una sorta di "esperienza onirica", nulla di didattico quindi (del resto il tutto è stato spiegato già da prima); all'inizio ci si ritrova spaesati in quanto si assiste ad un viaggio nell'universo in cui si viene condotti da una donna nuragica (virtuale) fino a giungere al centro un luogo astratto, circondato dal vuoto dell'universo, in cui ci si ritrova parte di quello che sembrerebbe un rituale; una volta finito il tutto, si esce da un pozzo sacro e ci si ritrova in mezzo ad un villaggio nuragico: nonostante il tutto sia realizzato con una grafica che ricorda un gioco di ruolo per pc dei primi anni 2000, l'immersione è tutto sommato davvero piacevole e ci si ritrova in mezzo a quelle che dovevano essere la varie attività che si svolgevano nei vari villaggi del'età del Bronzo: guerrieri che si addestrano per il combattimento, soldati vestiti di tutto punto che pattugliano i villaggi, donne ed anziani che stanno dietro i forni a cucinare per le loro famiglie, personaggi che si adoperano a creare utensili di bronzo e di ceramica. Il tutto però dura molto poco e si conclude con la donna nuragica di prima che chiude l'immersione in un'ondata di luce seguita dai titoli di coda.

Se da un certo punto di vista suonerebbe come una cosa deludente, vi assicuro che quella di farla durare pochi minuti è in realtà la scelta più azzeccata in quanto serve tenere conto di due cose: A) il budget, come facilmente immaginabile, è piuttosto limitato e pertanto fare una cosa simile avrebbe verosimilmente comportato una gran spesa non solo di tempo ma anche di denaro; B) nelle mostre, soprattutto in quelle a carattere archeologico, va tenuto sempre conto dell'elemento tangibile e visibile nella realtà in cui viviamo, pertanto è necessario che la tecnologia non prenda mai il sopravvento su quest'ultimo.
Tuttavia, a mio personalissimo punto di vista, avrei impostato la visione nella realtà virtuale non come un viaggio onirico, in cui non sai che succede intorno a te per almeno 5 minuti, ma come un viaggio nelle varie strutture nuragiche: perché non iniziare il tutto all'interno di un nuraghe in modo tale da rendere l'idea di come funzionavano le cose all'interno di esso? Perché non rendere partecipe lo spettatore di un rituale che si svolge all'interno di un pozzo sacro o di un tempio a megaron? Perché non visitare le viscere di una tomba dei giganti mentre due "becchini" sistemano un defunto al suo interno? Avrei voluto vedere molto più volentieri scene simili piuttosto che un'esperienza di tipo "onirico".

Conclusione

In fin dei conti reputo la visita veramente buona e meritevole di essere vista in quanto è organizzata nei minimi dettagli e le guide turistiche sono davvero brave nel coinvolgerti e nello spiegare tutto quello che succede in epoca nuragica. Se capitate a Sassari vi consiglio di farci un salto!

Spero che questo articolo vi sia piaciuto, se avete già visitato la mostra volete condividere le vostre esperienze, non fatevi problemi, commentate.

Ci si sente ;)

domenica 15 aprile 2018

Le incisioni su alcuni nuraghi e la differenza tra questi ed una epigrafe con vera e propria scrittura

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La questione di cui scriverò oggi è per molti versi simile a quella della scrittura nuragica in quanto quello di cui tratterò è visto da alcuni come una vera e propria epigrafia del tempo dei nuraghi. Di che sto parlando? Di alcuni segni ed incisioni che troviamo in alcuni nuraghi ed in qualche pietra di campagna nelle vicinanze o meno di essi.
La maggior parte di essi consiste in linee rette messe senza ordine apparente, a volte molto fitte e a volte ben distanziate, per la maggior parte verticali o leggermente diagonali, più raramente orizzontali, a volte possono essere intermezzate da dei piccoli fori circolari come se fossero dei punti.
Questi, non essendo calcolati, per ragioni che andrò a spiegare, dall'archeologia moderna e dalle sue recenti pubblicazioni, hanno stuzzicato la fantasia di molti appassionati che vedono queste linee come una vera e propria scrittura nuragica; alle volte questi atteggiamenti, come ho detto già altre volte fino alla nausea, pigliano una brutta piega e sfociano nell'accusare gli archeologi di ogni nefandezza (io stesso mi chiedo perché cacchio lo ricordo ogni volta) ed altri atteggiamenti piuttosto infamanti.

Ma veramente non sono mai stati calcolati in nessun altro modo dall'archeologia nostrana? Falso! Perché, stando a quanto dice Massimo Pittau, che fornirà una versione che andremo a vedere, Ettore Pais fu il primo menzionare l'esistenza di quei segni sul nuraghe Losa di Abbasanta ed afferma che quei segni non solo sono contemporanei alla costruzione del nuraghe, ma che sono anche una scrittura primitiva degli antichi sardi (link: http://www.pittau.it/Sardo/numerali.html); che poi ci fossero stati altri archeologi che ne avessero parlato questo mi è ignoto (ignoranza mia).


Fatta questa piccola delucidazione, va pure detto che c'è una sostanziale differenza tra questi segni: da una parte ci sono quelli presenti su massi, pietre ed altri elementi scollegati dai nuraghi, in questo caso si può stare tranquilli in quanto i casi sono due: A) sono segni di aratro che li ha colpiti per sbaglio, B) sono segni di piante che hanno esteso le loro radici;

dall'altra parte abbiamo quelli presenti nelle pareti dei nuraghi, in questo caso abbiamo un discorso più complesso.

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Segni su una pietra, basta capire la maggior presenza di muschio sulla parte non segnata per capire che si tratta di qualcosa avvenuto nel sottosuolo.

Va detto subito che non si tratta di segni lasciati da piante o da aratri (a meno che qualche ultras di qualche squadra di calcio o qualche cazzone dei centri sociali oppure ancora qualche noto artista marziale misto non si siano allenati a tirarli prima di tirare addosso motorini allo stadio, transenne alla polizia o carrelli ai pullman) e sembra esserci la mano dell'uomo nella loro incisione; se è così allora che cosa sono?


Secondo Massimo Pittau si tratta di scritte numerali che indicherebbero quanto tempo ci è voluto per costruire il nuraghe in cui sono presenti, in particolare le linee rette rappresenterebbero gli anni mentre quelle diagonali i mesi, per avvalorare la sua tesi fa un paragone con i pastori che fino a metà del secolo scorso incidevano delle tacche su rami o bastoni per indicare le quantità di latte; lo stesso linguista, in quanto tale, nega nella maniera più categorica che si tratti di alfabeto nuragico.


Pittau, pur non essendo archeologo, pare essere l'unico personaggio di grande caratura e statura di questi tempi a dare una sua versione sui segni presenti nei nuraghi dato che gli archeologi di oggi non menzionano la loro presenza. Perché?

Teniamo conto di due elementi fondamentali:

  1. I segni in questione sono presenti in punti perfettamente visibili e raggiungibili e pertanto chiunque potrebbe arrivarci; il solo fatto che si trovano nei nuraghi non basta perché buona parte di questi ultimi, dopo la fine dell'epoca nuragica, è stata utilizzata fino anche al medioevo, va tenuto quindi conto che può essere staro fatto in qualsiasi momento.
  2. Il loro significato è completamente ignoto così come il motivo della loro presenza: potrebbero essere, come dice il Pittau, delle tacche numerali per indicare quanto ci è voluto a costruire il nuraghe in cui si trovano; potrebbero essere segni di martellina e scalpello che indicherebbero che quel concio non era stato lavorato benissimo; potrebbero essere delle formule magiche propiziatorie per tenere lontani i demoni e gli spiriti malefici; potrebbero essere delle tacche fatte per indicare la quantità di altre cose di cui nulla sappiamo, magari le hanno fatte dei pastori che in periodo di transumanza avrebbero annotato quanto volte hanno sostato nel nuraghe; potrebbero persino essere stati dei segni fatti e lasciati da qualche buontempone in qualche tempo molto remoto.
    Se avessimo avuto una scritta in una lingua pertinente ad un determinato periodo allora la si sarebbe potuta datare; idem se avessimo avuto un rinvenimento archeologico in sezioni stratigrafiche del terreno, ma qui non è presente nessuno dei casi.
Tecnicamente parlando: questi segni possono essere stati fatti in qualsiasi momento e potrebbero voler dire tante cose come potrebbero voler dire nulla. E soprattutto: sono presenti soltanto in alcuni nuraghi, non in tutti.
In sintesi: non sapendo che cavolo siano non si può né negare e né confermare che cosa siano. Ecco perché non vengono mai trattati dagli archeologi.

Per rafforzare il concetto, farò il confronto con un'epigrafe latina presente nel protonuraghe Aidu Entos e quella presente in un cippo rinvenuto nei pressi di Cuglieri (OR). Partiamo dalla prima.
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Iscrizione latina nel protonuraghe Aidu Entos.

Il significato rimane tuttora piuttosto fumoso e vi sono due interpretazioni che segnalo: la prima è quella di Attilio Mastino: ILI IUR IN NURAC SESSAR; la seconda è quella di Massimo Pittau: GIDDILI(TANI) IUR (IS) D(OMI)N(O) NURAC SESSAR M C; tradtta sarebbe: I GIDDILITANI (DEDICANO) AL SIGNORE DEL DIRITTO GIOVE COSTRUTTORI DEL NURAGHE.

Per quanto il suo significato possa essere dibattuto, non si può negare l'antichità della scritta visto lo stato in cui si trova il suo supporto, causato da erosione da vento o piogge e fenomeni naturali come la presenza di muschi e licheni (detto così sembra una cazzata ma fidatevi che a lungo andare danneggiano le pietre su cui crescono); il fatto stesso che sia scritta in latino fa propendere chiaramente per una sua datazione nel periodo romano.

Passiamo ora al cippo di Cuglieri.

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Cippo rinvenuto a Cuglieri. Perdonate la qualità schifosa ma è l'unica immagine che sono riuscito a trovare.

In questo caso abbiamo un'epigrafe chiara e senza le abbreviazioni tanto care ai romani; la scritta è: TERMINUS QUINTUS UDDADHADDAR NUMISIARUM, ovvero indica il confine delle terre degli Uddadhaddar Numisiarum, genti che avevano i terreni molto probabilmente nel punti in cui era stato rinvenuto il cippo. In questo caso non abbiamo solo una lingua di pertinente ad un certo periodo ma sappiamo anche il suo significato.

Spero che questo articolo vi sia piaciuto e che possa aver aiutato chi di dovere ad aver le idee più chiare. Se avete dei casi da segnalarmi, non fatevi problemi, commentate.

Ci si vede ;)

venerdì 6 aprile 2018

Museo della Tonnara di Stintino

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Ne approfitto di questo Blog per pubblicizzare un museo davvero degno di essere menzionato e pubblicizzato: il Museo della Tonnara di Stintino (MUT, per abbreviare).
Si tratta di un museo multimediale audiovisivo ed interattivo in cui vengono prima narrate le particolarità del tonno e le sue rotte all'interno del Mar Mediterraneo e della Sardegna per giungere alla storica tonnara di Stintino, alla visione dei filmati che la riguardano ed agli strumenti utilizzati dai tonnarotti che ci hanno lavorato. 
Prima, però, di parlare del museo in se, è necessario parlare del contesto storico in cui esso è inserito.

Nel 1885, per via di un Regio Decreto, gli abitanti dell'isola dell' Asinara vengono sfrattati per la fondazione di una colonia penale, che durerà fino al 1997, e del lazzaretto, che sarà usato fino alla seconda guerra mondiale; da qui si avrà la fondazione del paese di Stintino il 14 Agosto 1885 da parte delle 45 famiglie che avevano abitato l'isola sino a quell'anno.
Il nome del paese è un'italianizzazione dell'originale nome in dialetto stintinese ishtintinu/shtintinu; la sua posizione è dovuta alla vicinanza sia all'isola dalla quale furono sfrattate le famiglie, sia alla vicinanza alla tonnara ed al suo stabilimento, che servì come alloggio temporaneo per gli abitanti in attesa della costruzione delle prime case del nuovo insediamento che stava venendo a formarsi.
L'importanza della tonnara, le cui prime menzioni sono a inizio XVII secolo, sta proprio nel fatto che fu la principale fonte di lavoro delle famiglie stintinesi che presero parte attiva alla pesca dei tonni ed al confezionamento del pescato; rappresenta quindi l'identità culturale più importante di tutto il paese.
Purtroppo la costruzione del petrolchimico nella zona di Porto Torres e l'avvento del turismo di massa con conseguente traffico di navi petroliere ed imbarcazioni turistiche avrà un impatto negativo sulla pesca dei tonni in quanto costringerà i pesci in questione a modificare le loro rotte migratorie e quindi ad abbandonare la zona in cui era posta la tonnara; lo stabilimento chiuderà nel 1964 mentre il tonno verrà continuamente pescato fino al 1973, anno dell'ultima mattanza; ci sarà poi la cosiddetta "tonnara sperimentale" una sorta di esperimento ideato dall'Università degli Studi di Sassari durato dal 1995 al 1998 in cui si cercava di verificare una eventuale riapertura della tonnara, purtroppo la quantità di pescato si rivela insufficiente, l'abbandono definitivo è inevitabile.
Detto questo, possiamo cominciare a parlare del museo.

Stintino – Veduta
Stintino oggi.

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Il Museo della Tonnara di Stintino.

Il museo è collocato nell'ex edificio ALPI (azienda lavorazione prodotti ittici) poiché il vecchio stabilimento della tonnara è stato convertito a villaggio vacanze.
Appena si entra si osservano due poster che introducono una narrazione, sotto forma di dialogo, tra un tonno che entra nel Mediterraneo ed Agostino Diana, ultimo rais della tonnara (capo del tonnarotti)


Fatto il biglietto, si inizia da una stanza in cui si parla, con narrazione della presenza del tonno in Sardegna: qui viene fatto un racconto altamente dettagliato delle più antiche fonti scritte che ne fanno le prime menzioni e sugli studi zoologici ed archeozoologici del suo dna.

Successivamente si arriva in un altra stanza in cui si parla del tonno in se come animale, sui suoi cicli di vita e riproduzione, sulle sue rotte migratorie nel mondo, sulla sua dieta e su tutte le tonnare presenti nelle spiagge del mediterraneo, chiuse (come quella di Stintino) ed ancora aperte (come quella di Carloforte).

Dopo aver trattato del tonno, si va in una stanza piccola in cui si viene a conoscenza della storia della Tonnara Saline di Stintino, di come veniva organizzata, di come venivano distribuite le reti al suo interno, delle tecniche e delle tattiche utilizzate dai tonnarotti per pescare il tonno e degli oggetti utilizzati per la cattura dei pesci e della loro rivendita; successivamente, si entra in una sala molto grande dove si espongono modellini delle barche usate dai tonnarotti, documenti e numerosi cimeli ed oggetti usati per la pesca del tonno e del suo confezionamento. Vengono poi mostrate le fotografie di tutte le persone che lavorarono alla tonnara saline fino agli anni 70 (periodo in cui fu chiusa) e gli strumenti usati dai maestri d'ascia per la fabbricazione delle barche usati dai tonnarotti.

A seguire, una stanza in cui viene fatto vedere un filmato in bianco e nero della mattanza, la fase finale della pesca del tonno.
Le ultime due camere narrano di cosa successe a Stintino dopo la chiusura dello stabilimento e l'abbandono della tonnara e mostra altri oggetti utilizzati per la pesca.
Successivamente si entra nella sala conferenze, in cui  viene allestita ogni tanto una mostra temporanea, fino a giungere al bookshop, completo con articoli e souvenir di ogni tipo.

Ciò che mi piace di più del museo non è solo il modo con cui è organizzato, ma anche la forte componente identitaria che caratterizza la struttura in questione dato che la tonnara è un pezzo davvero importante della storia di Stintino in quanto, come scritto sopra, è l'identità culturale più importante e preminente dell'intero paese.

Aggiungo, infine, che ogni anno vengono organizzati numerosi eventi di divulgazione culturale di grande importanza, basti pensare che l'anno scorso ha fatto da relatore il direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco; per questo bisogna fare tanti complimenti agli organizzatori e ad ogni singolo componente che lavora all'interno del museo.

Il prezzo di entrata standard è di 5€ mentre è gratuito per i residenti del comune di Stintino, gli under 15 e gli over 65.

Gli orari sono:
  1. Da Aprile a Maggio e da Ottobre a Dicembre, il venerdì dalle 15.30 alle 19.00; sabato e domenica dalle 11.30 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00.
  2. Giugno e Settembre, aperto dal martedì alla domenica dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00.
  3. da Luglio ad Agosto, dalle 18.00  alle 23.00.
Per avere maggiori informazioni, questo è il sito del MUT
http://www.mutstintino.com

Si ringrazia Marta Diana per le informazioni aggiuntive datemi in merito alla storia della Tonnara!

Spero che l'articolo sia stato esaustivo, ci si sente ;)

martedì 3 aprile 2018

Esiste una struttura che abbia ispirato la costruzione dei primi nuraghi?




Quando qualcuno vede dei nuraghi le domande più frequenti sono sempre "a che periodo risalgono?", "quanti ce ne sono?", "a cosa servivano?", "quanto sono durati?", "come li costruivano?" e via dicendo; esistono poi altre domande meno frequenti al merito e, a mio parere una di queste è "chi è il primo che ha avuto la brillante idea di costruirne uno?". La questione, in questo caso, si fa parecchio complicata ma anche interessante dato che nessuno nasce imparato e nessuna costruzione nasce dal nulla senza la mente o le menti che hanno avuto l'ispirazione per costruirla. E tali menti da dove hanno preso tale ispirazione? Da un'edificio già preesistente?

Prima di fare tal ricerca, occorre capire perché sono stati costruiti i primi nuraghi (che, ricordiamolo, non sono i nuraghi monotorre classici ma i protonuraghi, detti nuraghi a corridoio) ed a cosa servivano.

Erano fortezze militari? No, visto che non sono collegati a delle mura o a degli antemurali (cosa che avverrà nel Bronzo recente 1400-1100 a.C.) e che lo spazio interno, in relazione alla spessa muratura, era davvero esiguo, dunque non l'ideale per contenere soldati o civili da proteggere che avrebbero fatto la fine del topo; erano dei magazzini? No, per l'ultimo motivo appena riportato; erano dei templi? No visto che nelle loro stratigrafie non erano cosparse di oggetti sacri (quest'ultimi appaiono in periodi molto postumi, vedi l'altare del nuraghe Su Mulinu a Villanovafranca (Sud Sardegna)); erano le residenze dei vari capi villaggio? Si e le loro dimensioni (alcuni sono piuttosto grandi) erano forse un modo per mostrare la propria forza ed influenza a tutti i capi del vicinato, più o meno la stessa cosa con i nuraghi complessi; erano stati costruiti per controllare il territorio e le sue risorse? Si.

Detto questo, conviene innanzitutto capire cosa c'è stato prima dell'epoca nuragica, facciamo quindi un bel salto indietro nel tempo è andiamo a capire cosa c'era nel Eneolitico/età del Rame medio-finale e nel Bronzo antico. Che cosa abbiamo in quei periodi? Nel primo abbiamo la presenza di ben 4 culture: la cultura Sub-Ozieri (3600-2800 a.C.) nella sua fase conclusiva, la cultura Filigosa (3000-2400 a.C.), la facies di Abealzu (2600-2250 a.C.), la cultura Monte Claro (2900-2400 a.C.) e la cultura dei Vasi Campaniformi (2400-2100 a.C.).
Per quanto riguarda il Bronzo antico abbiamo la fase finale del Campaniforme e l'inizia della cultura di Bonnannaro (2200-1750 a.C.).
Di queste che abbiamo citato ci interessano solo il Monte Claro ed il Bonnannaro.
Andiamo con ordine e partiamo dal primo dei due che abbiamo nominato.

La cultura Monte Claro è caratterizzata da tre elementi: A) la presenza di una serie di ceramiche dalle decorazioni caratteristiche (una di queste, una scodella ansata, ha ispirato la palmetta che vedete al parco di Monte Claro), B) la presenza, al sud Sardegna, di tombe a pozzo che contenevano inumati; C) la presenza, al nord Sardegna, di insediamenti fortificati con grandi mura fatte di massi appena sbozzati.
Quest'ultimo elemento è molto interessante perché testimonia la presenza di situazioni di conflittualità che dovevano essere avvenute in quel periodo in Sardegna.


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Scodella ansata rinvenuta a Monte Claro e palmetta presente sul parco omonimo. Non notate qualcosina?

 Risultati immagini per recinto torre monte barantaTombe a pozzo a Gannì, Quartucciu (CA), e recinto-torre del villaggio fortificato di Monte Baranta, Olmedo (SS).

La località più famosa in cui è stato rinvenuto un insediamento fortificato di quel tipo è senz'altro Monte Baranta, Olmedo (SS) ma ve ne sono altre abbastanza importanti come ad esempio Monte Ossoni, Castelsardo (SS), o Su Baddadolzu, Bonorva (SS).
Ciò detto, tutti gli insediamenti fortificati hanno una caratteristica in comune: sono cinti da mura ciclopiche e si trovano sulla cima di pianori soprelevati, caratteristica che li rende facilmente difendibili ed estremamente difficili da attaccare (almeno per il tempo in cui erano stato costruiti). Molte di queste muraglie vengono spesso confuse con quelle nuragiche (nel nuraghe Sanilo, Aidomaggiore (OR), c'è n'è una simile) e vi è un caso quello di Monte Baranta, in cui alcune genti nuragiche hanno riabitato il sito (frammenti di ceramica nuragica).

Che i nuragici abbiano preso spunto dunque dalle muraglie ciclopiche della cultura Monte Claro per costruire i primi nuraghi? Se si parla della costruzione dei nuraghi in se, no, il motivo sta nel fatto che solo i nuraghi complessi erano dotati di più torri ed antemurali per delimitare il loro spazio ed eventualmente proteggere gli abitanti dei villaggi loro correlati.
Vi è tuttavia la presenza di un edificio particolare presente nel sito di Monte Baranta ed in quelli di Sa Fraicata (Bortigiadas, SS) e Crastu Orgiu (Esterzili, SS); tra questi che ho nominato, solo il primo risulta scavato e documentato e riporta testimonianze che vanno dall'Eneolitico medio fino al Bronzo medio. Questi edifici di cui scrivo sono le torri-recinto.

Risultati immagini per monte barante recinto torreFotografia planimetrica del recinto-torre di Monte Baranta. L'autore si scusa per la qualità schifosa dell'immagine reperita.

Si tratta di costruzioni di gran lunga più imponenti e con una muratura molto più spessa rispetto alle normali capanne, vista la loro posizione ai margini dei dirupi avrebbero la funzione di avvistamento ed eventualmente di difesa, la sua presenza risulta quindi coerente con la posizione soprelevata del villaggio. Che fossero questi edifici ad aver ispirato il nuraghe? NI. Non è un errore di battitura, avete capito bene, NI. e vi spiego il perché.
Se da un lato va riconosciuta una finalità di controllo del territorio che può essere condivisa, va detto che le modalità in cui esso viene attuato sono differenti: Il recinto-torre è posto in luoghi sopraelevati e pertanto gode di un dominio visivo davvero vasto, i protonuraghi sono più legati ad un controllo mediante il popolamento dei territori che non ad una funzione di controllo visivo diretto, anche se i protonuraghi stessi godevano sempre di una certa altezza, seppur inferiore a quella dei nuraghi classici; va infine detto che, come scritto prima, solo quella di Monte Baranta risulta essere abitata in periodo nuragico, mentre le altre torri-recinto non sono finora state scavate (almeno che io sappia), pertanto l'affermazione che avessero tratto spunto da queste costruzioni appena citate risulta parecchio improbabile ed azzardata.
Ciò detto, veniamo ora al Bonnanaro.

Si tratta del periodo appena precedente a quello nuragico e vede la fase finale della costruzione dei dolmen e delle alleé couvertes, i quali saranno sostituiti da un tipo di sepoltura da loro derivata, la tomba dei giganti (alcune tombe dei giganti sono delle alleé riutilizzate, come Su Cuaddu 'e Nixias, Lunamatrona (Sud Sardegna)). Secondo Vincenzo Santoni (con lui sarebbe d'accordo anche il Webster), proprio nel Bonnanaro vi sarebbe la prima costruzione dei primi protonuraghi, un nuraghe che cita in particolare è il Sa Fogaia a Siddi (Sud Sardegna); Dyson e Rowlands ipotizzano, in quello stesso periodo, la comparsa delle prime tombe dei giganti. Tuttavia vi sono archeologi che si oppongono a questa ricostruzione, in particolare Mauro Perra giudica i contesti stratigrafici non riconducibili ad una nascita dei primi nuraghi nel Bronzo antico e medio iniziale.
Pur prendendo per buono quanto detto da Santoni, la questione non cambia perché, se è un fatto che i nuraghi "classici", con camera centrale e volta a tholos, siano derivati da quelli a corridoio (detti protonuraghi, come preferisco chiamarli io), ci si chiede cosa abbia ispirato le menti che hanno costruito questi ultimi.

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Domus de janas di Corona Moltana, uno dei luoghi in cui è attestata la facies Bonnanaro.

A questo punto, se non ci sono in Sardegna, esisteranno delle strutture simili ai nuraghi al di fuori dell'isola? Si e si tratta dei sesi di Pantelleria, dei talajots delle Baleari, delle torri di Corsica, dei brochs scozzesi e di alcune costruzioni davvero simili ai nuraghi presenti in Oman. Hanno quindi preso spunto da questi? NO. Vi spiego i motivi.

  1. I sesi di pantelleria sono più o meno coevi ma, a differenza dei nuraghi, sono tombe.
  2. I talajots sono leggermente più recenti dei nuraghi (quindi sarebbe vero il contrario, cioè che i loro costruttori fossero possibilmente ispirati dai nuraghi).
  3. I brochs  e le sopramenzionate torri dell'Oman (che, me ne vergogno, non so come si chiamino) sono di gran lunga più recenti, dall'età del Ferro al III sec. a.C..
  4. Le torri corse, stando alla bibliografia che sono riuscito a trovare, sarebbero coeve ai nuraghi pertanto è davvero difficile stabilire chi abbia iniziato per primo tra Sardegna e Corsica.
Immagine correlata
Broch di Mousa in Scozia.

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Castellu di Cucuruzzu in Corsica.

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Sesi di Pantelleria, Sicilia.

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Talayot di Torrellonet Vell, Minorca.

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Una delle strutture simili ai nuraghi presenti in Oman.


Conclusione.

Stando ai dati che ho raccolto (sperando ci siano tutti) non risulta esserci, fuori dalla Sardegna, una struttura che abbia potuto ispirare la costruzione dei primi nuraghi; stessa cosa vale per la Sardegna visto che non esistono strutture che possano aver fatto da ispirazione per l'innalzamento di questi.
Direi pertanto che tutto ciò che posso dire è che ad aver ispirato la costruzione dei primi nuraghi non è stata una struttura fisica ma un'idea data dalle necessità delle popolazioni sarde dell'età del Bronzo. Quale idea? Quale necessità?

Ne discuterò in un articolo successivo dato che A) questo articolo è diventato già troppo lungo di suo e continuando così diventerebbe pesante; B) ho speso due-tre giorni fino ad un intera notte per partorirlo (spero almeno sia fatto bene); C) sono influenzato e con le difese immunitarie di un ratto asfaltato da tre giorni; D) mi voglio tenere in riposo assoluto visto che tra poco mi dovrò vaccinare per la meningite (per chi non lo sapesse, vaccinarsi mentre si è ammalati o semplicemente convalescenti è estremamente pericoloso)

Per il resto, che ne pensate? Spero che l'articolo possa esservi piaciuto, se avete altri dati, non esitate a commentare.

Ci si vede ;)