venerdì 29 giugno 2018

I reperti della spiaggia della pelosa di Stintino: cosa la gente dovrebbe fare e cosa non dovrebbe fare in presenza di un reperto archeologico.

Risultati immagini per reperti della pelosa


Gli appassionati di archeologia e gli archeologi stessi avranno sicuramente sentito la notizia che riguardava la consegna, da parte di un anonimo, al MUT di Stintino, di alcuni reperti archeologici ritrovati nei fondali della spiaggia della Pelosa, una delle più belle spiagge del nord Sardegna (così bella che, pur essendo una manciata di metri quadri, ci vanno 20000 persone al giorno, minimo); va inoltre detto che non è la prima volta che allo stesso museo vengono consegnati dei reperti archeologici: già 2 anni fa furono consegnate, sempre in forma del tutto anonima, una gigantesca ancora di piombo di epoca romana ed altri reperti archeologici davvero molto interessanti (per chi fosse interessato, ecco il link). Sebbene si tratti di qualcosa fatto in totale buona fede, prendere dei reperti da terra o dai fondali marini è un qualcosa che non va mai fatto.  Perché?

Prima di spiegarvelo, mi sembra opportuno fornirvi una "storia" in pillole della zona che comprende Stintino e l'isola dell'Asinara (di cui sto scrivendo un capitolo) dal punto di vista delle frequentazioni umane in modo da capire che cosa abbia portato al deposito di reperti archeologici.

Le prime testimonianze risalgono alla preistoria, domus de janas di Campu Perdu all'Asinara e di Tana di Lu Mazzoni a Stintino (quest'ultima riutilizzata come tomba dei giganti in epoca nuragica), ed alla protostoria, nuraghi Unia e Casteddu a Stintino e rinvenimento all'Asinara di bronzetto raffigurante un toro da parte di Giovanni Lilliu; è dal periodo romano che si inizia ad avere più testimonianze dal punto di vista sia archeologico, relitto di Cala Reale all'Asinara e resti di una domus romana a Stintino, che delle fonti scritte, Plinio il Vecchio la chiama Herculis Insula ed è presente pure nella Tabula Peutingenaria (una mappa del mondo di epoca romana); non vi sono reperti di epoca punica.

Risultati immagini per domus di campu perdu
Domus de janas di Campu Perdu, interno.

Immagine correlata
Domus de janas di Tana di Lu Mazzoni, riconvertita come tomba dei giganti in epoca nuragica.

Risultati immagini per cala reale relitto
Relitto nave romana di Cala Reale con anfore annesse.

Le testimonianze più numerose ed importanti le si avranno nell'Età Moderna, soprattutto all'Asinara: costruzione del cosiddetto Castellaccio, innalzamento di torri di vedetta da parte degli spagnoli in modo da avvistare l'arrivo dei pirati barbareschi (leggenda vuole che lo stesso pirata Barbarossa avesse stanziato per un po' di tempo in una zona dell'isola, il punto stesso sarà infatti noto come Punta Barbarossa) e tentativi di colonizzazione di questa in epoca sabauda; va inoltre tenuta conto l'esistenza delle piccole comunità che verranno a formarsi ed a stabilirsi fino alla loro cacciata nel 1885 con la creazione della colonia penale; pure a Stintino si avranno testimonianze relative all'età moderna (torri spagnole, ovili).

Tutte queste frequentazioni, dovute soprattutto dal fatto che si trattasse di una zona navigabile molto importante all'interno delle strategie geopolitiche di coloro che dominavano la Sardegna, hanno lasciato tracce non solo dal punto di vista dei reperti immobili ma anche di quelli mobili, Cala Reale ne è l'esempio lampante. Il punto è che non abbiamo soltanto rinvenimenti in quest'ultima spiaggia punto ma anche in altre, tra cui... La Pelosa.
Spiegato il contesto in cui si inserisce la nostra cara spiaggia, cominciamo a dire i motivi per cui la gente fornisce i reperti ai musei e quali possono essere le conseguenze di tale gesto.

Risultati immagini per torre delle saline stintino
Torre della Pelosa, Stintino, una delle più iconiche non solo del paese stesso ma anche di tutta la Sardegna.

Risultati immagini per torre di cala d'oliva
Torre di Cala d'Oliva, isola dell'Asinara

Uno dei motivi, che costituisce pure un grosso problema, è l'ignoranza della legge.
Chi tra le vecchie generazioni non ha mai avuto la tentazione di raccogliere cocci, ossidiane, frammenti di bronzo per puro spirito collezionistico o per portarsi a casa un ricordo di qualche sessione di trekking tra i monti o di una nuotata lungo le coste? A chi tra i pescatori più navigati non è mai capitato di tirare fuori dalle reti alcune anfore commerciali insieme ai pesci? In totale ingenuità e senza voglia alcuna di fare i tombaroli, se li saranno tenuti a casa come ricordi o come arredamento (ci sono vecchiette di paese che usano anfore romane come vasi per i fiori). O magari c'è chi aveva voglia di denunciare il ritrovamento ma che, invece di chiamare i carabinieri, ha portato i reperti direttamente al museo, magari in forma pure anonima come nel caso dei reperti al MUT.

Può pure capitare che ci si renda conto troppo tardi di aver fatto una cavolata e che a tenersi quel coltello in ossidiana del Neolitico o quella lucerna di epoca nuragica si rischia pure la galera ed allora si cerchino varie vie per sbolognarsi della patata bollente; da qui si scelgono due soluzioni: A) ributtare in terra o in mare i reperti nella maniera più furtiva possibile (rischiando pure di falsificare un contesto qualora non fosse nel punto preciso in cui furono rinvenute prima); B) sbolognare il tutto ai musei, come è successo al MUT.

Un altro problema piuttosto rognoso è questo: cosa succederebbe se tutti quanti, di punto in bianco, si decidessero di dare ai musei tutti i beni che si custodivano in casa senza che nessuno sapesse nulla? I musei avrebbero finalmente delle nuove cose tanto belle da esporre? No. Si dovrebbero sobbarcare di un peso non indifferente, ovvero tenere i reperti, metterli al sicuro e fare in modo che non si rovinino in attesa che la soprintendenza decida la loro definitiva collocazione.

Ed ecco il problema peggiore, dulcis in fundo, last but not least: chi raccoglie i reperti che trova in giro, pur facendolo in buona fede, compromette in maniera irrimediabile il contesto archeologico in cui questi si trovavano privandolo così di elementi che potrebbero aiutare a capire che cosa fosse e quale fu il suo destino; ed i reperti raccolti, arrivati a questo punto, che fine faranno? Semplicissimo, perderanno qualsiasi valore dal punto di vista archeologico. Mi spiego: un vaso attico a figure rosse rimarrà sempre un vaso attico a figure rosse, un bronzetto nuragico rimarrà sempre un bronzetto nuragico, una statua romana rimarrà sempre una statua romana ma non si saprà mai il punto preciso in cui sono stati presi, non daranno alcuna informazione precisa sul luogo dove sono stati trovati e quale fosse il contesto in cui sono stati rinvenuti.

Risultati immagini per indiana jones the golden idol
Una delle tante persone nel mentre che toglie via un reperto dal suo contesto originario. Farà crollare tutto il tempio e finirà nelle grinfie dei nazisti. Un altro valido motivo per non raccogliere i reperti che vi capitano sotto tiro.

Vi faccio un esempio: mentre si fa una scampagnata in campagna della località X del paese Y in provincia di Z, Gavino scopre un'urna romana, la prende e la invia in forma anonima al museo del paese e scrive che è stata rinvenuta in suddetta località, il che non sarebbe malvagia come cosa, il punto è che X è vasta circa 240 km quadrati, ragion per cui risulta impossibile stabilire un punto preciso in cui fosse stata individuata e raccolta l'urna in questione, il contesto risulterà quindi danneggiato e l'oggetto perderà valore archeologico.

Esempio numero 2: mentre va a farsi una nuotata al Poetto, Bachisio trova un anfora punica lungo la quinta fermata, la prende e la invia in totale anonimato al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e scrive "ritrovata alla quinta fermata del Poetto, Cagliari" senza nemmeno indicare il punto preciso in cui l'ha prelevata o almeno la relativa distanza dalla riva, cosicché non si sa neppure da che punto iniziare le ricerche. Anche in questo caso il contesto risulterà danneggiato e l'oggetto non avrà più alcun valore archeologico

Ragion per cui, cari lettori, MAI raccogliere un reperto che sbuca dal terreno o da un fondale marino.
Uno a questo punto si chiederà "e allora che cosa faccio quando ne vedo uno?", semplice: si avvisa l'autorità competente (sindaco, soprintendente o carabinieri) entro 24 ore dal ritrovamento e si fa in modo di mettere il reperto in sicurezza lasciandolo sempre e comunque nel punto preciso in cui l'ha ritrovato; se poi lo scopritore stesso ritiene che non ci siano le condizioni perché il reperto si possa trovare al sicuro dalle mani altrui allora è possibile toglierlo momentaneamente dal contesto fino all'arrivo delle autorità competenti.
Per maggiori informazioni vi linko il codice dei beni culturali, se volete andare dritti al punto allora guardatevi gli articoli che vanno dal 90 al 93.

Spero che l'articolo vi sia piaciuto e che possa avervi fornito una bella delucidazione in materia; vi annuncio che il prossimo non avrà alcunché di archeologico ma vi prego tutti di leggerlo perché si tratta di qualcosa molto importante dal punto di vista sociale e culturale.

Detto questo, ci si sente ;)

mercoledì 13 giugno 2018

I giganti di Monte Prama: perché terranno in ombra tutti gli altri siti archeologici sardi per ancora molto tempo.



In questo fine settimana non s'è parlato di altro, la questione è impazzata in tutti i gruppi di appassionati di archeologia su Facebook, persino gli archeologi stessi non hanno potuto sfuggire alla rilevanza della questione esprimendosi con toni abbastanza seri, l'atmosfera è tesa, il clima infame (e non scherzo dato che ci sono 30 gradi fuori ma piove quasi sempre), la sentenza è stata emessa: chi usa il termine "giganti", e non "eroi" per chiamare le statue di Monti Prama è un ignorante e si dovrebbe vergognare. Come se queste fossero le cose davvero importanti. Come se degli archeologi seri non avessero mai chiamato "giganti" le statue di Monti Prama.

Pur non essendo la più bassa e vile delle polemiche, andate a vedere che tutto ha detto gli anni scorsi il nostro (non) caro ex presidente della Regione Sardegna, Mauro Pili, questa storia ha un che di comico perché sono anni ed anni che si usano termini coniati dalla popolazione per indicare tombe scavate sula roccia di epoca preistorica (domus de janas) sepolture megalitiche a corridoio con esedra sulla parte frontale (tombe dei giganti); hanno un che di comico, con rispetto parlando, pure alcune delle incazzature che si sono verificate nei gruppi di appassionati, a trassa di offesa personale verso la propria madre.
Tutto questo però è anche la conferma di una cosa: i giganti di Monti Prama sono considerati ritrovamento archeologico più famoso ed importante di tutta la Sardegna sia dal punto di vista mediatico che da quello prettamente archeologico. E lo saranno ancora per tantissimo tempo, sempre che nuovi scavi non scoprano qualcosa di ancora più grosso ed unico.
Perché?

Prima di iniziare il discorso voglio mettere chiaro una cosa: in questo articolo non si getta fango sulle statue di Monti Prama e sul sito dal quale provengono, sarebbe moralmente criminale e, in quanto amante di archeologica nuragica, sarei parecchio bacato in testa se lo facessi; in questo articolo si discute di come mai Monti Prama metta in ombra tutti gli altri siti archeologici della Sardegna. Fatto questo doveroso chiarimento, iniziamo.

Risultati immagini per giganti monti prama tronchetti
Gente molto ignorante  (sono ironico, per chi non lo capisse).

1. Sono nuragiche.

In un'isola che è stata uno dei tanti domini dell'Impero Romano, che ha avuto una storia particolare rispetto a quella delle altre regioni del continente italico che le ha permesso di sviluppare tutte le peculiarità culturali che può vantare ora, la gente non può che rispecchiarsi nelle proprie radici risalenti all'età del Bronzo, quando la Sardegna aveva già sviluppato una propria e peculiare identità culturali i cui segni sono ben visibili tutt'oggi; e va inoltre aggiunto che in periodi di forte crisi economica e sociale come quelli che stiamo vivendo non è raro ripensare o rifarsi alle proprie origini.

2. Sono uniche persino all'interno del panorama archeologico nuragico.

Nonostante la presenza di una testa simile rinvenuta a Narbolia e la recente riscoperta di un corno di pietra, probabilmente parte id un elmo, rinvenuto a San Sperate da parte di Alberto Mossa, i giganti rimangono un unicum in tutto il panorama della Sardegna nuragica.
Pensateci: abbiamo molti luoghi in cui vi sono pozzi sacri, templi a megaron, tombe dei giganti, e capanne delle riunioni (taccio sui nuraghi per ovvi motivi) ma solo uno in cui sono state rinvenute delle statue in pietra che hanno fornito nuovi dati sulla statuaria nel Mediterraneo occidentale e che sono uniche e perfettamente identificabili per il loro aspetto peculiare. Perché fissarsi su dei nuraghi che si vedono in ogni angolo della Sardegna  o dei bronzetti presenti in più siti sparsi per la nostra isola quando abbiamo abbiamo qualcosa di ancora più esclusivo e ristretto in cui riconoscerci e rappresentarci?

3. Sono estremamente spendibili a livello mediatico.

Essendo qualcosa di completamente unico, ed iconico, era ovvio che sarebbero stati adoperati come una sorta di veicolo pubblicitario per la Sardegna e le sue bellezze, non a caso Cabras (OR) stessa ha adoperato il nome di "Terra dei giganti" su cartello stradale a sfondo marrone
Spesso la cosa piglia vie strane e le nostre statue finiscono per fare da mascotte a svariate identità all'interno della nostra isola, dalla Dinamo Sassari (e fin qui va pure bene a mio avviso) a centri commerciali (cosa che fa capire quanto siano diventati una commercialata, chiedo scusa per l'orrore letterario, in alcuni punti della Sardegna). In certi casi la cosa piglia vie di dubbio gusto e ci si dedica alla ricostruzione in polistirolo dei giganti stessi per poi spargerli in vari punti del paese di Cabras, a volte vicino a cartelli stradali rischiando di creare conseguenze facilmente ben immaginabili a chi si affida alla segnaletica stradale.

Risultati immagini per giganti monte prama dinamo
Un buon modo per usare l'immagine dei giganti...

Risultati immagini per centri commerciali giganti di monte prama
... seguito da uno pessimo.

4. Sono venuti a galla in questo decennio.

Pur essendo stati scoperti a metà anni '70, è indubbio a tutti che i giganti sono capitati sotto la luce dei riflettori da quando hanno occupato i principali canali di comunicazione soltanto negli anni 2010, quando i social network (Facebook in primis) si stabilirono come la piattaforma predefinita nelle quale approcciarsi alle persone e venire (dis)informati di quello che succede nel mondo (dis, sapete... le fake news); prima invece la loro comunicazione veniva fatta essenzialmente attraverso mezzi comunicativi tipicamente accademici come riviste e libri archeologici, roba che si filavano soltanto quelli che lavoravano nel settore insieme a pochissimi appassionati. Niente social, niente fama.
E no, nessuno ha voluto tenere nascosti per 40 anni le nostre belle statue.

In definitiva: è un bene o è un male?

La questione è grigia: grazie alla luce sotto i riflettori di cui godono, ai loro tratti peculiari ed al fatto che sia attualmente uno dei simboli più forti della nostra identità sarda, i giganti sono i reperti archeologici che pubblicizzano meglio tutta la Sardegna e questo non può che essere un bene da un punto di vista economico e conoscitivo di tutta la Sardegna visto il numero di turisti che contribuiscono a portare, sia a Cagliari che a Cabras; bisogna poi contare che, attraverso le nostre amate statue, i nostri cari visitatori potrebbero volerne sapere di più della Sardegna e di tutti i tesori di tutte le epoche (soprattutto quella nuragica) che non tutti conoscono, pertanto dai giganti stessi potrebbero decidere di capire cosa c'era prima ed andare visitare Su Nuraxi di Barumini (Sud Sardegna) e Santu Antine di Torralba (SS) oppure scoprire cosa è venuto dopo e visitare Tharros o Nora.

Paradossalmente però, tutta la questa importanza mediatica può avere conseguenze poco piacevoli e non mi riferisco alle speculazioni, quelle ormai sono una triste normalità persino per argomenti più importanti, ma al fatto che si corre il rischio che vengano destinati sempre meno fondi verso lo scavo di altri siti molto meno famosi ma comunque molto importanti dal punto di vista archeologico o di altri siti che rimangono ancora sotterrati ma che se scavati potrebbero dare alla luce dei contesti davvero piacevoli ed interessanti. Come mai?

Prima di darmi del pazzo vorrei far notare che stiamo vivendo un situazione molto difficile dal punto di vista economico, tanto che sono stati fatti numerosi tagli alla ricerca scientifica in generale, compresa quella archeologica, ed il governo che si è appena formato rappresenta un'incognita; pertanto: io, soprintendenza archeologica, chi finanzio se ho sempre meno soldi? Spargere soldini in giro per tutti i siti archeologici come se fossero nutella su una fetta biscottata sarebbe deleterio visto che non basterebbero neppure per scavare mezzo metro quadro di strato, devo quindi concentrare i miei soldi in alcuni siti precisi in modo tale che ne vengano fuori campagne di scavo decenti, su quale sito archeologico darò la mia priorità? A quello che sta sempre facendo parlare di sé e che mi fornisce dei rinvenimenti archeologici mai visti prima o a quello che conoscono soltanto all'interno dell'università e quattro gatti sparsi in giro per l'isola? Devo poi tenere conto che io, soprintendenza archeologica, non finanzio solo interventi di scavo ma anche di restauro e recupero e che i soldi, repetita iuvant, scarseggiano sempre di più. E se qualcuno si lamenta che sta ricevendo sempre meno soldi per gli scavi? Pazienza!

Spero che questo articolo vi sia piaciuto e che possa aprire qualche spunto di riflessione, se sapete qualche dettaglio in più commentate pure, non fatevi problemi, se poi siete in disaccordo con quanto scritto fate sapere il vostro perché basta che non si scenda sul personale dato che ogni volta che si tocca i giganti si impazzisce facilmente. Detto questo vi saluto.

Ci si vede ;)

mercoledì 6 giugno 2018

Archeogaming: Mi Rasna. Quando i videogiochi incontrano l'archeologia.




Archeologia e videogiochi sono quanto più lontano ci si possa immaginare: la prima per poter studiare, apprendere e realizzare quale fu la storia dei nostri antenati attraverso i ritrovamenti archeologici; i secondi per poter staccare la spina, cazzeggiare o immergersi in altri mondi per non pensare ai propri problemi e le proprie incombenze.
Mischiarli entrambi non sembra certo essere cosa fattibile, sarebbe come mettere lo zucchero nella aglio-olio-peperoncino, l'aceto nella passata di pomodoro (e una volta io l'ho fatto) e il sale nel mojito (il sindaco della mia città sclererebbe male al solo pensiero); in sostanza mischiarli produrrebbe soltanto ciofeche come la carbonara francese.
O forse no.

Dal mondo delle indies videoludiche è spuntato fuori un giochino per le piattaforme Android (smartphone e tablet) particolarmente interessante, un gioco dedicato ad una popolazione ben nota nel panorama archeologico mondiale ma pressochè ignorata industrie di videogiochi che prediligono di solito greci o romani, dove l'archeologia riveste un ruolo particolarmente importante nel proseguimento dello stesso.
Signori e signore, lettrici e lettori, vi presento: Mi Rasna.

Creato dalla Entertaiment Game App, casa produttrice di videogiochi indipendenti ITALIANA, cosa di cui andare fieri e non solo per puro senso nazionalistico, Mi Rasna è un videogioco  dedicato agli etruschi, cosa davvero molto interessante dato che ce ne sono pochissimi in giro dedicati ad essi (se qualcuno lo sa me lo riferisca), di cui ne ero venuto a saperne completamente a caso circa un mese fa nella pagina del contatto facebook di una mia vecchia conoscenza in cui era presente un articolo dove si discuteva del gioco in questione che stava per uscire: nell'anteprima veniva descritto come gioco di strategia gestionale in cui tu interpreti il ruolo di un magistrato locale con il compito di far prosperare la tua città e di difenderla dagli attacchi esterni; alla prime righe avevo pensato ad una sorta di Rome Total War o di Age of Empires in salsa etrusca ma leggendo meglio la descrizione ho subito pensato più a dei gestionali come Caesar o Faraon in cui costruisci dal nulla le tue città e le fai prosperare attraverso varie ere. Fuochino, è vero che il concept di gestione e di difesa della propria città è relativamente simile ma la differenza sta nel fatto che non gestisci una città creata dal nulla ma una delle dodici dodecapoli etrusche realmente esistite: Veio, Tarquinia, Cortona, Volterra (quella che uso io), Vulci, Vetulonia, Populonia, Perugia, Faleree, Caere, Volsinii, Roselle, Fiesole e Chiusi.
Essendo dunque uno strategico gestionale non aspettatevi azione alla Age of Empires o battaglie campali cazzute come nella serie Total War.

Risultati immagini per mi rasna mappa
Parte della mappa di gioco in cui vengono raffigurate le città. Quelle con i vari stemmi sono le dodecapoli che si possono scegliere di gestire.

Le meccaniche all'inizio possono apparire un po' complicate ma, una volta lette le istruzioni ed iniziato a mettere mano ad una delle dodici città, si comprende bene come bisogna operare per poter progredire nel gioco.
Mi Rasna è diviso in cinque ere: Villanoviano, Orientalizzante, Età Arcaica, Età Classica, Ellenismo; ad ognuna di queste non ci si arriva attraverso un timer prestabilito ma sviluppando le dodecapoli che abbiamo scelto e le città più piccole collegate ad esse; per poterle sviluppare occorre prima sbloccare le "abilità" di un città (agricoltura, artigianato, esercito e via dicendo) e poi si iniziano a costruire le dovute strutture come gli abitati, le caserme, i campi agricoli, i mercati, i templi etc. Va detto che ogni periodo non è identico a se ma consente di sbloccare nuove abilità che consentono la costruzione di nuove strutture che migliorano ulteriormente la crescita delle città.

Parlando della schermata della costruzione delle città, essa è talmente essenziale da esser praticamente un elenco di materiali necessari per la sua crescita e delle strutture attualmente presenti, quindi niente ubicazione manuale delle strutture da costruire come avviene nella stragrande maggioranza; a prima vista potrebbe sembrare un difetto ma per la stessa struttura del gioco è un pregio dato che servirà una certa immediatezza nell'eseguire determinate azioni in quanto avviene tutto in tempo reale, scorrerie dei nemici comprese, scordatevi quindi di turni in cui ci si può prendere pure mezza giornata nel pianificare ogni singola costruzione; stesso discorso dicasi per le battaglie, anch'esse strutturate in maniera elementare ma relativamente immediata.

Risultati immagini per mi rasna mappa
Schermata di sviluppo di una delle dodecapoli, Populonia in questo caso.

Parlando dei gruppi di banditi o soldati avversari che bisogna contrastare, questi non costituiscono una minaccia vera e propria in sé dato che non andranno a distruggere la nostra città, il problema è che si generano all'infinito ed una volta giunti in una città finiscono per rubar via alcune delle risorse che le potrebbero essere utili per poter progredire avanti come il pesce, il grano o la carne, senza contare che più si va avanti nelle epoche e più diventa difficile contrastarli se non si fa evolvere e crescere il proprio esercito nella maniera adeguata.

Va comunque fatta notare una cosa: non esiste una schermata di selezione delle città che vuoi gestire come accade in un Rome Total War ma la mappa consente di poter scegliere in assoluta libertà le proprie dodecapoli: si può decidere di concentrare le proprie attenzioni su una sola città nelle fasi iniziali per poter prender meglio dimestichezza col gioco e le sue meccaniche, in seguito è possibile scegliere di far sviluppare quando e quanto si vuole una o altre più dodecapoli presenti sulla mappa; se poi uno ha pazienza e vuole strafare, è possibile gestire tutte e 12 le città in questione, creando così degli eserciti che si riesce a far cooperare per poter far fronte a delle minacce troppo grandi per una singola armata.

Mi Rasna - Io sono Etrusco تصوير الشاشة 4
Schermata di arruolamento esercito, ogni città ha un suo esercito che si riempie grazie al numero di abitanti liberi di tale città,per aumentarne le dimensioni occorre quindi far crescere la propria città.

Cosa non da poco è la presenza del Fanum Voltumnae, un'assemblea dei rappresentanti delle 12 dodecapoli in cui si possono chiedere più soldi per costruire strutture, più risorse per far crescere le città, più abitanti per popolare le città etc., per poter ottenere delle risposte positive alle proprie richieste è necessario riempire la barra del rapporto che si ha con anche una sola delle dodecapoli, come? Completando delle missioni i cui si chiede di consegnare un tot di risorse entro un tempo limite, compiendole si ottengono soldi per andare avanti nel gioco e fama per non prendere due di picche ad ogni assemblea.

A questo punto uno si chiede: dove sta l'incontro con l'archeologia? Sta in una serie di elementi che elenco adesso: 
  1. La possibilità di guadagnare monete attraverso dei quiz di archeologia riguardanti le dodecapoli, ognuna di queste ha la propria tabella di domande a cui bisogna rispondere correttamente, il che è abbastanza utile per farsi un pochino di cultura per riguardante il periodo etrusco
  2. Puzzle in cui devi completare una figura, in questi casi un reperto archeologico etrusco; per ogni immagine completata è presente una descrizione relativa ed 800 monete d'argento per andare avanti nel gioco.
  3. Descrizioni estrememente accurate per ogni singolo elemento riguardante gli etruschi: i periodi (dal Villanoviano fino all'Ellenistico), le singole città con la loro storia ed i loro rinvenimenti archeologici, tutto questo viene spiegato nei minimi dettagli grazie all'aiuto di un team competente nella materia che viene trattata
  4. La possibilità di poter guadagnare botte di soldi (virtuali, non equivocate) presenziando nelle più importanti strutture dedicate agli etruschi ed all'archeologia etrusca in generale, una cosa che mi ha ricordato un poco Pokemon Go ma che risulta geniale nell'ambito della divulgazione e fruizione dei beni culturali.
Eccovi l'elenco dei posti che potete visitare per ottenere monete extra.

Come potete facilmente immaginare, l'archeologia e la conoscenza della storia degli etruschi non sono un semplice contorno ma costituiscono parte importante nello svolgimento del gioco per poter gestire al meglio le proprie dodecapoli.

In definitiva, posso affermare che questo gioco, in un mondo sempre più tecnologico e zeppo di gente dipendente dagli smartphone, rappresenta un ottimo mezzo di divulgazione archeologica in quanto riesce a far conoscere la storia degli etruschi in modo abbastanza coinvolgente ed interessante. L'unica pecca è che il gioco potrebbe presentare ancora qualche piccolissimo bug (è uscito un mese fa), tuttavia gli sviluppatori del gioco si sono mostrati veramente cordiali, capaci e collaborativi nel risolvere ogni singolo problema riguardante il loro prodotto e per questo meritano ogni plauso ed incoraggiamento possibile.
Consiglio dunque questo gioco a chi vorrebbe per una volta giocare nei panni degli etruschi (mai cagati dalla grossa industria videoludica che ha sempre preferito greci, romani, vichinghi, egizi e cose varie) e per chi vorrebbe semplicemente un gestionale con cui passare il tempo senza pensare troppo alla componente bellica.

Spero che questo articolo vi sia piaciuto e che abbia contribuito ad invogliarvi almeno a provare questo giochino; spero inoltre che questo possa fornire gli spunti necessari per la creazione di un gioco simile ma ambientato nella nostra Sardegna dal Neolitico fino all'Età del Ferro.

Al prossimo articolo ;)