venerdì 29 giugno 2018

I reperti della spiaggia della pelosa di Stintino: cosa la gente dovrebbe fare e cosa non dovrebbe fare in presenza di un reperto archeologico.

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Gli appassionati di archeologia e gli archeologi stessi avranno sicuramente sentito la notizia che riguardava la consegna, da parte di un anonimo, al MUT di Stintino, di alcuni reperti archeologici ritrovati nei fondali della spiaggia della Pelosa, una delle più belle spiagge del nord Sardegna (così bella che, pur essendo una manciata di metri quadri, ci vanno 20000 persone al giorno, minimo); va inoltre detto che non è la prima volta che allo stesso museo vengono consegnati dei reperti archeologici: già 2 anni fa furono consegnate, sempre in forma del tutto anonima, una gigantesca ancora di piombo di epoca romana ed altri reperti archeologici davvero molto interessanti (per chi fosse interessato, ecco il link). Sebbene si tratti di qualcosa fatto in totale buona fede, prendere dei reperti da terra o dai fondali marini è un qualcosa che non va mai fatto.  Perché?

Prima di spiegarvelo, mi sembra opportuno fornirvi una "storia" in pillole della zona che comprende Stintino e l'isola dell'Asinara (di cui sto scrivendo un capitolo) dal punto di vista delle frequentazioni umane in modo da capire che cosa abbia portato al deposito di reperti archeologici.

Le prime testimonianze risalgono alla preistoria, domus de janas di Campu Perdu all'Asinara e di Tana di Lu Mazzoni a Stintino (quest'ultima riutilizzata come tomba dei giganti in epoca nuragica), ed alla protostoria, nuraghi Unia e Casteddu a Stintino e rinvenimento all'Asinara di bronzetto raffigurante un toro da parte di Giovanni Lilliu; è dal periodo romano che si inizia ad avere più testimonianze dal punto di vista sia archeologico, relitto di Cala Reale all'Asinara e resti di una domus romana a Stintino, che delle fonti scritte, Plinio il Vecchio la chiama Herculis Insula ed è presente pure nella Tabula Peutingenaria (una mappa del mondo di epoca romana); non vi sono reperti di epoca punica.

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Domus de janas di Campu Perdu, interno.

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Domus de janas di Tana di Lu Mazzoni, riconvertita come tomba dei giganti in epoca nuragica.

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Relitto nave romana di Cala Reale con anfore annesse.

Le testimonianze più numerose ed importanti le si avranno nell'Età Moderna, soprattutto all'Asinara: costruzione del cosiddetto Castellaccio, innalzamento di torri di vedetta da parte degli spagnoli in modo da avvistare l'arrivo dei pirati barbareschi (leggenda vuole che lo stesso pirata Barbarossa avesse stanziato per un po' di tempo in una zona dell'isola, il punto stesso sarà infatti noto come Punta Barbarossa) e tentativi di colonizzazione di questa in epoca sabauda; va inoltre tenuta conto l'esistenza delle piccole comunità che verranno a formarsi ed a stabilirsi fino alla loro cacciata nel 1885 con la creazione della colonia penale; pure a Stintino si avranno testimonianze relative all'età moderna (torri spagnole, ovili).

Tutte queste frequentazioni, dovute soprattutto dal fatto che si trattasse di una zona navigabile molto importante all'interno delle strategie geopolitiche di coloro che dominavano la Sardegna, hanno lasciato tracce non solo dal punto di vista dei reperti immobili ma anche di quelli mobili, Cala Reale ne è l'esempio lampante. Il punto è che non abbiamo soltanto rinvenimenti in quest'ultima spiaggia punto ma anche in altre, tra cui... La Pelosa.
Spiegato il contesto in cui si inserisce la nostra cara spiaggia, cominciamo a dire i motivi per cui la gente fornisce i reperti ai musei e quali possono essere le conseguenze di tale gesto.

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Torre della Pelosa, Stintino, una delle più iconiche non solo del paese stesso ma anche di tutta la Sardegna.

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Torre di Cala d'Oliva, isola dell'Asinara

Uno dei motivi, che costituisce pure un grosso problema, è l'ignoranza della legge.
Chi tra le vecchie generazioni non ha mai avuto la tentazione di raccogliere cocci, ossidiane, frammenti di bronzo per puro spirito collezionistico o per portarsi a casa un ricordo di qualche sessione di trekking tra i monti o di una nuotata lungo le coste? A chi tra i pescatori più navigati non è mai capitato di tirare fuori dalle reti alcune anfore commerciali insieme ai pesci? In totale ingenuità e senza voglia alcuna di fare i tombaroli, se li saranno tenuti a casa come ricordi o come arredamento (ci sono vecchiette di paese che usano anfore romane come vasi per i fiori). O magari c'è chi aveva voglia di denunciare il ritrovamento ma che, invece di chiamare i carabinieri, ha portato i reperti direttamente al museo, magari in forma pure anonima come nel caso dei reperti al MUT.

Può pure capitare che ci si renda conto troppo tardi di aver fatto una cavolata e che a tenersi quel coltello in ossidiana del Neolitico o quella lucerna di epoca nuragica si rischia pure la galera ed allora si cerchino varie vie per sbolognarsi della patata bollente; da qui si scelgono due soluzioni: A) ributtare in terra o in mare i reperti nella maniera più furtiva possibile (rischiando pure di falsificare un contesto qualora non fosse nel punto preciso in cui furono rinvenute prima); B) sbolognare il tutto ai musei, come è successo al MUT.

Un altro problema piuttosto rognoso è questo: cosa succederebbe se tutti quanti, di punto in bianco, si decidessero di dare ai musei tutti i beni che si custodivano in casa senza che nessuno sapesse nulla? I musei avrebbero finalmente delle nuove cose tanto belle da esporre? No. Si dovrebbero sobbarcare di un peso non indifferente, ovvero tenere i reperti, metterli al sicuro e fare in modo che non si rovinino in attesa che la soprintendenza decida la loro definitiva collocazione.

Ed ecco il problema peggiore, dulcis in fundo, last but not least: chi raccoglie i reperti che trova in giro, pur facendolo in buona fede, compromette in maniera irrimediabile il contesto archeologico in cui questi si trovavano privandolo così di elementi che potrebbero aiutare a capire che cosa fosse e quale fu il suo destino; ed i reperti raccolti, arrivati a questo punto, che fine faranno? Semplicissimo, perderanno qualsiasi valore dal punto di vista archeologico. Mi spiego: un vaso attico a figure rosse rimarrà sempre un vaso attico a figure rosse, un bronzetto nuragico rimarrà sempre un bronzetto nuragico, una statua romana rimarrà sempre una statua romana ma non si saprà mai il punto preciso in cui sono stati presi, non daranno alcuna informazione precisa sul luogo dove sono stati trovati e quale fosse il contesto in cui sono stati rinvenuti.

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Una delle tante persone nel mentre che toglie via un reperto dal suo contesto originario. Farà crollare tutto il tempio e finirà nelle grinfie dei nazisti. Un altro valido motivo per non raccogliere i reperti che vi capitano sotto tiro.

Vi faccio un esempio: mentre si fa una scampagnata in campagna della località X del paese Y in provincia di Z, Gavino scopre un'urna romana, la prende e la invia in forma anonima al museo del paese e scrive che è stata rinvenuta in suddetta località, il che non sarebbe malvagia come cosa, il punto è che X è vasta circa 240 km quadrati, ragion per cui risulta impossibile stabilire un punto preciso in cui fosse stata individuata e raccolta l'urna in questione, il contesto risulterà quindi danneggiato e l'oggetto perderà valore archeologico.

Esempio numero 2: mentre va a farsi una nuotata al Poetto, Bachisio trova un anfora punica lungo la quinta fermata, la prende e la invia in totale anonimato al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e scrive "ritrovata alla quinta fermata del Poetto, Cagliari" senza nemmeno indicare il punto preciso in cui l'ha prelevata o almeno la relativa distanza dalla riva, cosicché non si sa neppure da che punto iniziare le ricerche. Anche in questo caso il contesto risulterà danneggiato e l'oggetto non avrà più alcun valore archeologico

Ragion per cui, cari lettori, MAI raccogliere un reperto che sbuca dal terreno o da un fondale marino.
Uno a questo punto si chiederà "e allora che cosa faccio quando ne vedo uno?", semplice: si avvisa l'autorità competente (sindaco, soprintendente o carabinieri) entro 24 ore dal ritrovamento e si fa in modo di mettere il reperto in sicurezza lasciandolo sempre e comunque nel punto preciso in cui l'ha ritrovato; se poi lo scopritore stesso ritiene che non ci siano le condizioni perché il reperto si possa trovare al sicuro dalle mani altrui allora è possibile toglierlo momentaneamente dal contesto fino all'arrivo delle autorità competenti.
Per maggiori informazioni vi linko il codice dei beni culturali, se volete andare dritti al punto allora guardatevi gli articoli che vanno dal 90 al 93.

Spero che l'articolo vi sia piaciuto e che possa avervi fornito una bella delucidazione in materia; vi annuncio che il prossimo non avrà alcunché di archeologico ma vi prego tutti di leggerlo perché si tratta di qualcosa molto importante dal punto di vista sociale e culturale.

Detto questo, ci si sente ;)

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