La questione di cui scriverò oggi è per molti versi simile a quella della scrittura nuragica in quanto quello di cui tratterò è visto da alcuni come una vera e propria epigrafia del tempo dei nuraghi. Di che sto parlando? Di alcuni segni ed incisioni che troviamo in alcuni nuraghi ed in qualche pietra di campagna nelle vicinanze o meno di essi.
La maggior parte di essi consiste in linee rette messe senza ordine apparente, a volte molto fitte e a volte ben distanziate, per la maggior parte verticali o leggermente diagonali, più raramente orizzontali, a volte possono essere intermezzate da dei piccoli fori circolari come se fossero dei punti.
Questi, non essendo calcolati, per ragioni che andrò a spiegare, dall'archeologia moderna e dalle sue recenti pubblicazioni, hanno stuzzicato la fantasia di molti appassionati che vedono queste linee come una vera e propria scrittura nuragica; alle volte questi atteggiamenti, come ho detto già altre volte fino alla nausea, pigliano una brutta piega e sfociano nell'accusare gli archeologi di ogni nefandezza (io stesso mi chiedo perché cacchio lo ricordo ogni volta) ed altri atteggiamenti piuttosto infamanti.
Ma veramente non sono mai stati calcolati in nessun altro modo dall'archeologia nostrana? Falso! Perché, stando a quanto dice Massimo Pittau, che fornirà una versione che andremo a vedere, Ettore Pais fu il primo menzionare l'esistenza di quei segni sul nuraghe Losa di Abbasanta ed afferma che quei segni non solo sono contemporanei alla costruzione del nuraghe, ma che sono anche una scrittura primitiva degli antichi sardi (link: http://www.pittau.it/Sardo/numerali.html); che poi ci fossero stati altri archeologi che ne avessero parlato questo mi è ignoto (ignoranza mia).
Fatta questa piccola delucidazione, va pure detto che c'è una sostanziale differenza tra questi segni: da una parte ci sono quelli presenti su massi, pietre ed altri elementi scollegati dai nuraghi, in questo caso si può stare tranquilli in quanto i casi sono due: A) sono segni di aratro che li ha colpiti per sbaglio, B) sono segni di piante che hanno esteso le loro radici;
dall'altra parte abbiamo quelli presenti nelle pareti dei nuraghi, in questo caso abbiamo un discorso più complesso.
Segni su una pietra, basta capire la maggior presenza di muschio sulla parte non segnata per capire che si tratta di qualcosa avvenuto nel sottosuolo.
Va detto subito che non si tratta di segni lasciati da piante o da aratri (a meno che qualche ultras di qualche squadra di calcio o qualche cazzone dei centri sociali oppure ancora qualche noto artista marziale misto non si siano allenati a tirarli prima di tirare addosso motorini allo stadio, transenne alla polizia o carrelli ai pullman) e sembra esserci la mano dell'uomo nella loro incisione; se è così allora che cosa sono?
Secondo Massimo Pittau si tratta di scritte numerali che indicherebbero quanto tempo ci è voluto per costruire il nuraghe in cui sono presenti, in particolare le linee rette rappresenterebbero gli anni mentre quelle diagonali i mesi, per avvalorare la sua tesi fa un paragone con i pastori che fino a metà del secolo scorso incidevano delle tacche su rami o bastoni per indicare le quantità di latte; lo stesso linguista, in quanto tale, nega nella maniera più categorica che si tratti di alfabeto nuragico.
Pittau, pur non essendo archeologo, pare essere l'unico personaggio di grande caratura e statura di questi tempi a dare una sua versione sui segni presenti nei nuraghi dato che gli archeologi di oggi non menzionano la loro presenza. Perché?
Teniamo conto di due elementi fondamentali:
Ma veramente non sono mai stati calcolati in nessun altro modo dall'archeologia nostrana? Falso! Perché, stando a quanto dice Massimo Pittau, che fornirà una versione che andremo a vedere, Ettore Pais fu il primo menzionare l'esistenza di quei segni sul nuraghe Losa di Abbasanta ed afferma che quei segni non solo sono contemporanei alla costruzione del nuraghe, ma che sono anche una scrittura primitiva degli antichi sardi (link: http://www.pittau.it/Sardo/numerali.html); che poi ci fossero stati altri archeologi che ne avessero parlato questo mi è ignoto (ignoranza mia).
Fatta questa piccola delucidazione, va pure detto che c'è una sostanziale differenza tra questi segni: da una parte ci sono quelli presenti su massi, pietre ed altri elementi scollegati dai nuraghi, in questo caso si può stare tranquilli in quanto i casi sono due: A) sono segni di aratro che li ha colpiti per sbaglio, B) sono segni di piante che hanno esteso le loro radici;
dall'altra parte abbiamo quelli presenti nelle pareti dei nuraghi, in questo caso abbiamo un discorso più complesso.
Segni su una pietra, basta capire la maggior presenza di muschio sulla parte non segnata per capire che si tratta di qualcosa avvenuto nel sottosuolo.
Va detto subito che non si tratta di segni lasciati da piante o da aratri (a meno che qualche ultras di qualche squadra di calcio o qualche cazzone dei centri sociali oppure ancora qualche noto artista marziale misto non si siano allenati a tirarli prima di tirare addosso motorini allo stadio, transenne alla polizia o carrelli ai pullman) e sembra esserci la mano dell'uomo nella loro incisione; se è così allora che cosa sono?
Secondo Massimo Pittau si tratta di scritte numerali che indicherebbero quanto tempo ci è voluto per costruire il nuraghe in cui sono presenti, in particolare le linee rette rappresenterebbero gli anni mentre quelle diagonali i mesi, per avvalorare la sua tesi fa un paragone con i pastori che fino a metà del secolo scorso incidevano delle tacche su rami o bastoni per indicare le quantità di latte; lo stesso linguista, in quanto tale, nega nella maniera più categorica che si tratti di alfabeto nuragico.
Pittau, pur non essendo archeologo, pare essere l'unico personaggio di grande caratura e statura di questi tempi a dare una sua versione sui segni presenti nei nuraghi dato che gli archeologi di oggi non menzionano la loro presenza. Perché?
Teniamo conto di due elementi fondamentali:
- I segni in questione sono presenti in punti perfettamente visibili e raggiungibili e pertanto chiunque potrebbe arrivarci; il solo fatto che si trovano nei nuraghi non basta perché buona parte di questi ultimi, dopo la fine dell'epoca nuragica, è stata utilizzata fino anche al medioevo, va tenuto quindi conto che può essere staro fatto in qualsiasi momento.
- Il loro significato è completamente ignoto così come il motivo della loro presenza: potrebbero essere, come dice il Pittau, delle tacche numerali per indicare quanto ci è voluto a costruire il nuraghe in cui si trovano; potrebbero essere segni di martellina e scalpello che indicherebbero che quel concio non era stato lavorato benissimo; potrebbero essere delle formule magiche propiziatorie per tenere lontani i demoni e gli spiriti malefici; potrebbero essere delle tacche fatte per indicare la quantità di altre cose di cui nulla sappiamo, magari le hanno fatte dei pastori che in periodo di transumanza avrebbero annotato quanto volte hanno sostato nel nuraghe; potrebbero persino essere stati dei segni fatti e lasciati da qualche buontempone in qualche tempo molto remoto.
Se avessimo avuto una scritta in una lingua pertinente ad un determinato periodo allora la si sarebbe potuta datare; idem se avessimo avuto un rinvenimento archeologico in sezioni stratigrafiche del terreno, ma qui non è presente nessuno dei casi.
In sintesi: non sapendo che cavolo siano non si può né negare e né confermare che cosa siano. Ecco perché non vengono mai trattati dagli archeologi.
Per rafforzare il concetto, farò il confronto con un'epigrafe latina presente nel protonuraghe Aidu Entos e quella presente in un cippo rinvenuto nei pressi di Cuglieri (OR). Partiamo dalla prima.
Iscrizione latina nel protonuraghe Aidu Entos.
Il significato rimane tuttora piuttosto fumoso e vi sono due interpretazioni che segnalo: la prima è quella di Attilio Mastino: ILI IUR IN NURAC SESSAR; la seconda è quella di Massimo Pittau: GIDDILI(TANI) IUR (IS) D(OMI)N(O) NURAC SESSAR M C; tradtta sarebbe: I GIDDILITANI (DEDICANO) AL SIGNORE DEL DIRITTO GIOVE COSTRUTTORI DEL NURAGHE.
Per quanto il suo significato possa essere dibattuto, non si può negare l'antichità della scritta visto lo stato in cui si trova il suo supporto, causato da erosione da vento o piogge e fenomeni naturali come la presenza di muschi e licheni (detto così sembra una cazzata ma fidatevi che a lungo andare danneggiano le pietre su cui crescono); il fatto stesso che sia scritta in latino fa propendere chiaramente per una sua datazione nel periodo romano.
Passiamo ora al cippo di Cuglieri.
Cippo rinvenuto a Cuglieri. Perdonate la qualità schifosa ma è l'unica immagine che sono riuscito a trovare.
In questo caso abbiamo un'epigrafe chiara e senza le abbreviazioni tanto care ai romani; la scritta è: TERMINUS QUINTUS UDDADHADDAR NUMISIARUM, ovvero indica il confine delle terre degli Uddadhaddar Numisiarum, genti che avevano i terreni molto probabilmente nel punti in cui era stato rinvenuto il cippo. In questo caso non abbiamo solo una lingua di pertinente ad un certo periodo ma sappiamo anche il suo significato.
Spero che questo articolo vi sia piaciuto e che possa aver aiutato chi di dovere ad aver le idee più chiare. Se avete dei casi da segnalarmi, non fatevi problemi, commentate.
Ci si vede ;)
Plausibile che fossero segni per tenere conto. Sono convinto che i nuragici avessero un loro alfabeto e i loro numeri. È impossibile che un essere umano non abbia bisogno di annotare o tener conto. Mi ricordo vagamente dei segni che usavano i sardi al posto degli attuali numeri arabi
RispondiEliminaMmm... È possibile che avessero un loro sistema di tenere conto delle cose visto che avevano contatti commerciali col mediterraneo orientale, che però avessero un loro alfabeto è inesatto dato che al momento non si hanno tracce di un vero e proprio alfabeto nuragico. Parlo della questione proprio su questo articolo qui https://illeggiadromondodimartino.blogspot.it/2018/01/la-scrittura-nuragica-una-bella-gatta.html?m=0
EliminaIn realtà almeno una di queste "iscrizioni" o incisioni è stata datata con certezza almeno all'Età del bronzo medio. Riporto qui un estratto dal lavoro dell'archeologo Carrera al riguardo:
RispondiElimina<>