Sui sardi nuragici si è detto praticamente di tutto e di più sulla loro distribuzione, su come si rapportavano con le altre popolazioni, fenici in primis, sui loro commerci, sulla loro cultura materiale ed etcetera etcetera. Con l'arrivo dei cartaginesi si è formata una prima netta divisione nella nostra isola: da una parte una comunità sardo-punica, residente soprattutto nella zona costiera o comunque in prossimità delle coste, che si era ben integrata con i conquistatori; un esempio è il tempio di Syd Babay/Sardus Pater: Sabatino Moscati parla di influenze puniche nella stessa struttura e Piero Bartoloni parla addirittura di ricostruzione punica del V sec. a.C. di un santuario nuragico.
Dall'altra una zona popolata da genti che rimangono fedeli alla loro cultura all'interno dei loro insediamenti, seppur in essi siano stati trovati materiali cartaginesi.
E proprio di questi che voglio parlare.
Prima però, cominciamo con l'ubicazione dei siti cartaginesi: oltre alle ben note città costiere di Karalis, Sulky, Tharros, Neapolis, Bithia, Othoca, Bosa, Sulci Tirrena (Tortolì, NU), Olbia e Posada (OT), abbiamo anche insediamenti stabili meno conosciuti situati nell'entroterra sardo, quali ad esempio una fortezza a Mulartza Noa in pieno Marghine, la necropoli a Villamar (Sud Sardegna) e quella di Brunku 'e Battalla a Sanluri (Sud Sardegna), i resti di un fortino sotto il castello di Medusa a Lotzorai (NU) ed alcuni resti di quella che è stata definita un'acropoli sulla vetta della collina di Sentu Teru e vicino alla necropoli di Monte Luna in Trexenta. Come mai la loro presenza nell'entroterra?

Museo archeologico di Senorbì, rinvenimenti della necropoli punica di Monte Luna.

Castello di Medusa a Lotzorai, ai suoi piedi doveva sorgere un forte di età punica.
Il motivo principale sembrerebbe, per quel che concerne Mulartza Noa e la fortezza sotto il castello di Medusa, quello di un maggior controllo del territorio e di una difesa di esso da delle eventuali scorrerie da parte delle popolazioni rimaste ancora indipendenti; nel caso di Olbia, Posada di un controllo dei flussi provenienti dalla penisola italiana (le loro fondazioni risalirebbero al IV sec. a.C., quando è stato stipulato un secondo trattato con Roma); per quanto riguarda infine gli abitati dell'entroterra, è possibile che fossero sorti sempre con la funzione di controllo avendo comunque la possibilità di approfittare della fertilità delle terre dell'entroterra.
Tuttavia, un lavoro di ricognizione archeologica effettuato da Andrea Roppa ha confermato l’assenza sul territorio di apparati e strutture coloniali “funzionali” allo sfruttamento sistematico delle risorse, motivo per cui sarebbe da scartare l'immagine di un popolo dell'entroterra costretto a sgobbare nei campi sotto lo sguardo di qualche schiavista con la faccia da galera armato di frusta che ordina loro di coltivare il grano da dare alle città sardo-puniche delle coste.
E ora passiamo ai sardi dell'interno. Come se la passavano? Stando ai rinvenimenti, sembra che la vita nei villaggi nuragici prosegua lo stesso seppur con alcune novità come
Nuraghe Lugherras, chiamato così per l'altissimo numero di fiaccole ritrovate dentro di esso (lugherras, in sardo, vuol dire lucerne).
Da segnalare infine alcuni casi di rioccupazione come nel sito nuragico si Su Cungiau 'e Funtà, rimasto inabitato dopo un incendio avvenuto nell'età del Ferro e poi abitato di nuovo in periodo punico.
Prima però, cominciamo con l'ubicazione dei siti cartaginesi: oltre alle ben note città costiere di Karalis, Sulky, Tharros, Neapolis, Bithia, Othoca, Bosa, Sulci Tirrena (Tortolì, NU), Olbia e Posada (OT), abbiamo anche insediamenti stabili meno conosciuti situati nell'entroterra sardo, quali ad esempio una fortezza a Mulartza Noa in pieno Marghine, la necropoli a Villamar (Sud Sardegna) e quella di Brunku 'e Battalla a Sanluri (Sud Sardegna), i resti di un fortino sotto il castello di Medusa a Lotzorai (NU) ed alcuni resti di quella che è stata definita un'acropoli sulla vetta della collina di Sentu Teru e vicino alla necropoli di Monte Luna in Trexenta. Come mai la loro presenza nell'entroterra?
Museo archeologico di Senorbì, rinvenimenti della necropoli punica di Monte Luna.

Castello di Medusa a Lotzorai, ai suoi piedi doveva sorgere un forte di età punica.
Il motivo principale sembrerebbe, per quel che concerne Mulartza Noa e la fortezza sotto il castello di Medusa, quello di un maggior controllo del territorio e di una difesa di esso da delle eventuali scorrerie da parte delle popolazioni rimaste ancora indipendenti; nel caso di Olbia, Posada di un controllo dei flussi provenienti dalla penisola italiana (le loro fondazioni risalirebbero al IV sec. a.C., quando è stato stipulato un secondo trattato con Roma); per quanto riguarda infine gli abitati dell'entroterra, è possibile che fossero sorti sempre con la funzione di controllo avendo comunque la possibilità di approfittare della fertilità delle terre dell'entroterra.
Tuttavia, un lavoro di ricognizione archeologica effettuato da Andrea Roppa ha confermato l’assenza sul territorio di apparati e strutture coloniali “funzionali” allo sfruttamento sistematico delle risorse, motivo per cui sarebbe da scartare l'immagine di un popolo dell'entroterra costretto a sgobbare nei campi sotto lo sguardo di qualche schiavista con la faccia da galera armato di frusta che ordina loro di coltivare il grano da dare alle città sardo-puniche delle coste.
E ora passiamo ai sardi dell'interno. Come se la passavano? Stando ai rinvenimenti, sembra che la vita nei villaggi nuragici prosegua lo stesso seppur con alcune novità come
- La presenza di manufatti punici all'interno di essi come ai nuraghi Su Mulinu di Villanovafranca, Sant'Imbenia di Alghero, Diana di Quartu Sant'Elena ed altri ancora (ce ne sono così tanti che non è manco il caso enumerarli tutti).
- L'aggiunta di alcuni abitati a pianta rettangolare, come nel caso di Su Nuraxi a Barumini.
- Lo stravolgimento della funzione di alcuni nuraghi, come il nuraghe Lugherras convertito come tempio dedicato alla dea Kore, con tanto di lucerne e bruciaprofumi in ceramica rinvenute a pacchi.

Da segnalare infine alcuni casi di rioccupazione come nel sito nuragico si Su Cungiau 'e Funtà, rimasto inabitato dopo un incendio avvenuto nell'età del Ferro e poi abitato di nuovo in periodo punico.
Quindi abbiamo una comunità che non se ne sta isolata per conto proprio ma che ha comunque dei contatti non bellicosi con i conquistatori venuti dalla Libia e che attraverso questi apporta delle soluzioni all'interno dei propri villaggi per adattarsi ai nuovi tempi senza però perdere del tutto la loro identità.
Ed ora un altra domanda. Erano tutti quanti sotto il dominio di Cartagine? La questione si fa interessante.
Polibio infatti ci parla di due trattati tra Roma e Cartagine, uno nel 509 a.C. e l'altro nel 348 a.C. in cui si ribadiva la proprietà dei cartaginesi sulla Sardegna e che i romani non dovevano metterci piede se non per casi di fortuna come tempeste, rifornimenti e qualunque altra sfiga potesse capitare in mare per un periodo massimo, però, di 5 giorni. A sentirla così parrebbe un dominio completo sull'isola, ma sarà veramente così? A vedere le modalità di insediamento dei cartaginesi, è netta una predilezione delle zone coltivabili e dedite all'agricoltura, come la pianura del Campidano o gli hinterland pianeggianti delle zone costiere, come potevano essere quelli del Sulcis o della Baronia.
Però qualcosa non quadra. Come mai, fino alla fine del periodo punico, non sono state rinvenute città costiere cartaginesi in tutta la zona costiera di Porto Conte e della Nurra? Come mai l'area di Sant'Imbenia resta abitata fino al I sec. a.C.? Perché non cacciare via gli abitanti e buttare giù il nuraghe per fare un insediamento nuovo di zecca su una posizione vantaggiosa? Oppure perché non fondare un'insediamento sulla stessa zona dove sarebbe sorta poi la colonia romana di Turris Libissonis? E perché non costruire una postazione sull'isola dell'Asinara, che ti consentirebbe la creazione di uno scalo importante verso il porto di Olbia, le Baleari o la Corsica, nonché di un punto di controllo dell'andamento delle flotte provenienti dalle zone sopracitate? I casi sono due, o i cartaginesi sono degli idioti oppure... non avevano un dominio diretto di quelle terre. È possibile una cosa del genere? Diciamo di si.
Sopra: terme di Turris Libisonis. Sotto: sito nuragico di Sant'imbenia. Nelle loro zone di pertinenza non sono state rinvenute tracce di insediamenti punici.
NOTA BENE! Ciò che sto per dire si basa sull'assenza di insediamenti punici e che quindi può essere smentito nel caso in cui se ne trovasse uno.
Perché la mancanza di un dominio cartaginese sulla Nurra e su Porto Conte? Le ipotesi che ho formulato sono le seguenti:
- I cartaginesi non riuscirono a conquistare quella zona; l'ipotesi più affascinante di tutte ma anche la meno probabile perché, per un impero forte dal punto di vista militare come quello cartaginese, non sarebbe stata un grossa impresa conquistare un pezzetto in più di un'isola che era, in massima parte, già sotto il loro dominio.
- I sardi nuragici della Nurra riuscirono ad arrivare ad un accordo che li rendeva comunque autonomi ed indipendenti da Cartagine, eventualmente a costo di un tributo, una sorta di protettorato; ipotesi, secondo me, sulla quale ci si potrebbe discutere.
- I cartaginesi volerono lasciare libera quella zona in modo da reclutare dei mercenari che potevano adoperare per conto loro.
È poi altamente probabile, vista l'assenza momentanea di insediamenti, che ci fossero altre terre nell'isola che non entrassero nel dominio punico, verosimilmente le zone montane della Sardegna centro-orientale che, nonostante la presenza di alcune miniere importanti, come quella di Sos Enattos a Lula, vista l'assenza di piane coltivabili ed il fatto che si sarebbero mossi in un territorio difficile e non conosciuto, non dovevano esser ritenute interessanti per i cartaginesi. Ciò non impediva, comunque a quelle zone di avere dei contatti con i punici, come testimoniato dal rinvenimento di oggetti cartaginesi in nuraghi come il Casteddu 'e Joni, nella Barbagia di Seulo.
Cosa dobbiamo dire in definitiva? Che abbiamo una parte di Sardegna non soggetta a dominio diretto da parte di Cartagine ed un'altra che rientrava invece nei suoi domini, e che ambedue proseguivano la propria vita secondo le loro usanze e costumi seppur con alcune influenze puniche, con quest'ultima che, ovviamente, doveva rispondere all'autorità dei nuovi dominatori di quel che succedeva al suo interno.
Per chi volesse approfondire il discorso abbiamo delle letture più tecniche e competenti a rispondere sulla questione
Andrea Roppa, comunità urbane e rurali nella Sardegna punica di età ellenistica.
https://www.academia.edu/3261100/Roppa_A._2013_Comunità_urbane_e_rurali_nella_Sardegna_punica_di_età_ellenistica_Sagvntvm_Extra_14_._València_Universitat_de_València._BOOK_REVIEW_Journal_of_Roman_Archaeology_29_2016_566-71?auto=download
Antonio Sanciu, nuove testimonianze di età fenicia e punica nella costa centro-orientale sarda.
http://ojs.unica.it/index.php/archeoarte/article/view/519/429
Cosa ne pensate? Spero che l'articolo vi sia piaciuto, sono sempre ben accetti commenti ed eventuali delucidazioni sull'argomento, ci si sente ;)