lunedì 26 marzo 2018

Le vecchie strutture rurali hanno valore culturale?


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È da quando ho fatto un articolo per il Ruraland a Sassari (che spero sia pubblicato il prima possibile) che ho riflettuto sulla definizione di "culturale" da attribuire a determinati elementi, mobili (monumenti, opere d'arte, manufatti e via dicendo) od immobili (chiese medievali, edifici storici ed altro ancora) che siano. Perché affibbiamo quel tipo di valore ad un oggetto?
È perché si tratta di un opera di grandissima qualità artistica realizzata da mani sopraffine di artisti geniali? Può essere, però allora tutto quello che risulterebbe "brutto" (o meglio, non risulta bello secondo il gusto di tutti), pur essendo prodotto in tempi antichi, sarebbe da scartare nell'ambito degli oggetti di valore culturale, il che sarebbe deleterio (non sto dicendo che non lo hanno, non equivochiamo).
Dunque tutto ciò che è antico, o comunque molto vecchio, va considerato come dotato di valenza culturale? Potrebbe benissimo essere, tanto che esiste una norma in italia in cui qualsiasi opera di privati avente più di 70 anni viene definita come bene culturale. Ridendo e scherzando, se non cambiano leggi come sempre fanno, pure gli sgorbi che ho creato col das e l'argilla potrebbero acquisire dignità di bene culturale.

Ecco a voi i miei aborti le mie opere d'arte. Avete poco da ridere perché tra 70 anni, se tutto va bene, questi saranno riconosciuti come beni culturali (magari!). E, se passeranno almeno 500 anni, saranno classificati come beni archeologici (sempre se non verranno buttati nella spazzatura).

Però la sola attribuzione per il mero fatto di essere antico non è sufficiente. Che cosa è allora che fornisce loro questa definizione? Secondo la definizione ufficiale attualmente vigente in italia, basata su quella internazionale, i beni culturali sono tutte le testimonianze, materiali e immateriali, aventi valore di civiltà; vale a dire che ciò che viene considerato come capolavoro o testimonianza storica/prodotto di una determinata cultura o civiltà, sia esso un quadro, un'opera letteraria, una chiesa medievale, una festa popolare come la sartiglia od un sito archeologico, assume il valore di bene culturale. La definizione in se è molto completa in quanto copre ciò che è tangibile e ciò che è intangibile.

Nella creazione di un bene culturale, però, non opera soltanto il genio del singolo o dei gruppi che lo creano ma è anche il contesto culturale in cui l'artista e/o il collettivo si trova. Ciò significa che se artisti geniali come Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci, Caravaggio e Bernini si fossero trovati in contesti differenti rispetto a quelli in cui hanno vissuto, molto probabilmente, non avrebbero prodotto i capolavori che tutti noi conosciamo.

Fatta questa digressione sul significato di bene culturale e su cosa la crea, veniamo al dunque: può un pinnettone del XVIII-XIX secolo avere la stessa dignità culturale di un palazzo nobiliare di quello stesso periodo? Si, lo stesso vale per tutte le strutture agro-pastorali di periodo storico che vedete sparse per la campagna.

No, non state equivocando, si, avete letto bene quanto scritto, no, non mi sono bevuto una bottiglia di grappa o due bicchieri di latte di suocera a stomaco vuoto e sono consapevole e responsabile di quello che ho scritto e di quanto sto per scrivere, ragion per cui continuate a leggere.



Capanna usata da pastori come punto di ricovero durante la transumanza. Brutta quanto volete ma ha valore di bene culturale.

Per quanto neppure paragonabili dal punto di vista artistico, le architetture nobiliari od urbane e quelle pastorali di uno stesso periodo sono frutto non solo delle mani che le hanno create, ma anche degli ambienti e dei diversi contesti culturali che le hanno prodotte. Il discorso, inoltre, non si applica soltanto alla struttura in se ma anche alle funzioni ed alle usanze ad essa legate: dietro ad un recinto in pietra per contenere delle scrofe gravide, delle pinnette per riparare e far riposare il pastore e delle capanne per contenere pecore c'è dietro una storia di modalità e di tradizioni pastorali che sono state attuate dai pastori del tempo e che furono tramandate ai posteri dal periodo spagnolo e sabaudo fino alla metà del '900 (la transumanza era praticata in Barbagia fino agli anni 50-60, se non ricordo male); non è sbagliato, dunque, affermare che le strutture agro-pastorali che vedete nelle campagne, siano da considerare come dotate di valenza culturale in quanto parte di una parte della cultura sarda e della sua storia, quella pastorale.


In sintesi: le strutture agro-pastorali di periodo storico che vedete nelle campagne, quando cercate funghi in autunno ed asparagi in primavera, sono un bene culturale in quanto sono il prodotto non solo dei pastori che le hanno create ma anche del contesto e dell'ambiente culturale in cui essi hanno vissuto. E, ripeto, non sono ubriaco o sotto effetto di stupefacenti nell'aver scritto queste cose.


E voi come la vedete? Se siete d'accordo o in disaccordo con quanto scritto dal sottoscritto, non fatevi problemi, commentate.


Ci si vede ;)

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