sabato 21 luglio 2018

Bronzetti sardi presenti altrove, quelli falsi e quelli rinvenuti senza scavi stratigrafici: possono aiutarci voltammetria e XRF?


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In questi ultimi mesi mi sono buttato corpo ed anima per soddisfare una mia curiosità sui bronzetti nuragici che raffiguravano gli animali ed ho ottenuto si e no alcune risposte ad alcune determinate mie aspettative; la tal cosa non è stata certo una passeggiata dato che A) i libri che cercavo erano sparsi un po' nelle biblioteche di Cagliari, B) c'era e c'è tutt'ora un caldo torrido infame, C) mi facevo tutto il giro delle biblioteche a piedi visto che preferivo le sovraesposizioni al sole agli scleri del cercare parcheggio in mezza mattina ed al suo conseguente spreco di benzina; di conseguenza tornavo a casa non certo al massimo delle forze.

Nonostante ciò, la ricerca mi ha fatto venire in mente una questione parecchio interessante: quella sulla datazione dei bronzetti. Dato che la maggior parte veniva da contesti sconosciuti o da altri in cui non furono effettuati gli scavi stratigrafici (allora erano pressoché sconosciuti in Sardegna ed in buona parte del mondo), si è cercato di datarli principalmente tra il Primo Ferro ed il Ferro orientalizzante attraverso la tecnica stilistica con cui venivano plasmati e decorati; due esempi lampanti sono il capo tribù di Uta e l'arciere saettante di Teti Abini datati rispettivamente al VIII-VII secolo a.C., in base a supposte influenze orientali ed a metà VII secolo a.C., basandosi su influssi dell'arte paleoetrusca. Nuovi scavi e studi hanno permesso di ottenere datazioni più precise al merito della loro creazione: si va da un periodo che va dal Bronzo finale fino agli inizi del Primo Ferro.

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Arciere saettante di Teti Abini e capotribù di Uta, provenienti da scavi non stratigrafici e datati da Lilliu in base allo stile con cui sono state elaborate.

Vi sono poi i casi dei bronzetti sardi presenti nelle aste, prelevati attraverso scavi distruttivi ed illegali che privano i reperti dell preciso contesto di appartenenza e che li sparpagliano in collezioni private in giro per il mondo. 

Va poi menzionata una questione successa circa 3 anni fa e che dalla quale si scatenò una polemica non indifferente: i bronzetti riportati dall'Inghilterra dall'associazione Nurnet. La storia è questa: alcuni vedono dei bronzetti in un'asta a Londra in cui si vendevano delle statuette in bronzo che venivano indicate come sarde, Nurnet ne acquista quattro e le riporta in Sardegna, il soprintendente Marco Minoja e l'archeologo Rubens d'Oriano dichiarano che potrebbero essere dei falsi e da lì si scatena la polemica (che io stesso spero di non resuscitare per il solo fatto di averla menzionata). 

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I Bronzetti in questione. Per chi volesse avere dei confronti con i veri bronzi nuragici raffiguranti animali, eccovi il link dell'opera che fa per voi.

Tralasciando il fatto che io stesso, per questioni stilistiche, dubito della "nuragicità" dei bronzetti in questione, la datazione di questi bronzi potrebbe essere smentita o confermata utilizzando una tecnica di datazione forse poco conosciuta ma che è già stata sperimentata 4 anni fa con successo e che può fornire risposte adatte alle nostre domande: la voltammetria.

La voltammetria è un tipo di analisi chimica dei metalli che è stata applicata dal professor Antonio Doménech-Carbó dell'Università di Valencia per la datazione di alcuni reperti di bronzo. Il procedimento si basa sull'ossidazione superficiale del rame contenuto nella lega metallica in questione e su quanto questa sia rimasta a contatto con agenti ossidanti, in questo caso l'aria. Il rame infatti, a contatto con essa, crea un primo strato di cuprite, uno degli ossidi dell'elemento in questione; quest'ultima, col contatto prolungato con l'aria, crea un secondo strato che genera un altro ossido, la tenorite.

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Strumenti usati per la voltammetria (mi scuso per l'immagine di scarsa qualità ma non ho saputo trovare altro).

Fatta questa piccola introduzione di chimica spicciola, vi spiego come funziona il tutto.
Si prende una barretta cilindrica di grafite, la si bagna nella paraffina, la si mette in contatto con la superficie che vogliamo analizzare in modo tale che parte delle sue molecole si attacchi all'elettrodo che verrà infine messo nella soluzione acquosa che funge da elettrolita; ciò significa una cosa molto importante: questo metodo di analisi cronologica  non è distruttivo. Fatto questo, vedremo dei picchi nel macchinario collegato agli elettrodi e agli elettroliti, questi rappresentano il livello di corrosione e sono direttamente proporzionali, cioè più un oggetto di metallo è ossidato e più i picchi aumentano. Per chi volesse avere informazioni più dettagliate vi linko questo sito, quest'altro e l'articolo dello stesso professor Doménech-Carbó (vi avviso che dovrete fare richiesta al diretto interessato).

Può quindi essere la chiave per risolvere il problema delle datazioni di molti dei nostri bronzetti? Si, a patto di aiutarsi con gli altri materiali datati in precedenza per meglio calibrare la data precisa, cosa appunto fatta da Domenech-Carbó. Può fornire una datazione più precisa anche dei bronzetti rinvenuti in stratigrafia? Certo che si. Può smascherare un falso? Su questo non saprei dire nulla di certo dato che si conoscono tecniche per un "invecchiamento" artificiale dei metalli, tuttavia la cosa può essere risolta con l'analisi di fluorescenza a raggi x, detta anche XRF.
Dato che molte tecniche di ossidazione artificiale prevedono l'uso di composti chimici, la tecnica sopramenzionata, grazie ad un indagine di superficie non distruttiva basata sui raggi X e sulle reazioni energetiche degli atomi e degli elettroni alla sua penetrazione, è in grado di riconoscere sulla superficie del manufatto i residui dei reagenti utilizzati per l'ossidazione del materiale; ogni elemento rilascia fotoni al suo passaggio ed è riconoscibile a seconda della quantità di energia fotonica rilasciata. Per aver informazioni maggiormente dettagliate, vi linko l'articolo che parla in maniera più tecnica ed approfondita della XRF.

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Come funziona uno strumento portatile per l'analisi della fluorescenza a raggi X.

E voi cosa ne pensate? Se vi è piaciuto l'articolo, se volete dire la vostra, o se volete dire qualcosa in più in merito agli strumenti di analisi chimica applicati all'archeometria, non fatevi problemi, commentate.

Ci si sente ;)

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