venerdì 26 gennaio 2018

La scrittura nuragica: una bella gatta da pelare!



Per chi, come l'autore, viene dalla Sardegna e sta nel campo in cui sta, l'archeologia, non sapere dell'esistenza dei nuraghi e della civiltà nuragica è un'autentica eresia (ad ragionem): chi infatti, anche il non archeologo, non si è mai posto delle domande su cosa fossero i nuraghi, quando e come furono costruiti, a che servivano e come mai sono quasi dappertutto. Tuttavia esistono dei misteri che persino chi studia archeologia nuragica da tanto tempo non è mai stato in grado di svelare del tutto. Il più famoso, però, a quanto si vede nei vari blog e pagine facebook di appassionati, quello che scatena i dibatti più disparati con toni che vanno dal pacato all'acceso per poi passare dall'aggressivo all'infamante ed al delirante, riguarda proprio lei: la scrittura nuragica!



Se ci si pensa infatti risulta incredibile come la civiltà nuragica, che riesce ad innalzare capolavori come il nuraghe Su Nuraxi a Barumini, il Santu Antine a Terralba ed il S'Uraki a San Vero Milis.... non sia riuscita a scrivere una lettera di alfabeto che fosse una!

Cosa tutto è successo? C'è qualcosa che non quadra, come può una civiltà i cui contatti si estendevano fino alle isola di Creta e Cipro, note per essere casa di civiltà mercantili e marinare quali quella Minoico/Micenea e Cipriota, fosse composta da dei totali analfabeti?
E' possibile che sia sfuggito qualcosa a chi del settore lavora da tanto tempo negli scavi dei vari siti nuragici.
Oppure qualche mente malefica vuole nascondere la grandezza degli antichi sardi che dominarono il mondo prima dei romani e che giunsero fino alla luna con l'aiuto dei Grandi Antichi (Sai che roba sapere che il loro dio fosse Cthulhu)!
Oppure.... ci sono varie spiegazioni ben più profonde e sensate a questa incredibile assenza.



Iniziamo a dire subito una cosa: non è vero che in Sardegna non sono stati trovati dei materiali scritti risalenti al periodo nuragico (XVIII sec. a.C. - VI sec. a.C.). Basti pensare alla "navicella" in terracotta trovata a Teti-Abini (la foto in grande che introduce l'articolo); nei lingottoni in rame modellati a pelle di bue provenienti da Cipro trovati in vari siti e presenti ai museo archeologici di Cagliari e Sassari; all'anfora ritrovata nel sito di S'Arcu is Forros a Villagrande Strisaili.


Il vaso di S'Arcu 'e is Forros



I problemi sono che A) si tratta di scritte effettuate con lettere prese da alfabeti orientali; B) nessuno, neppure all'interno dell'ambiente accademico sardo, che io sappia, è mai riuscito a decifrare il significato di tali parole (io stesso, ahimè, sono ignorante in materia); ed il fatto che non siano stati interpellati degli esperti, italiani o stranieri che siano (come è comunque accaduto in passato, vedi il caso del professore di Harvard, Frank Cross, per la stele di Nora), e che non esista nessuno in Sardegna che insegni lingue orientali come quella fenicia, presente nella nostra isola tramite iscrizioni puniche, la dice lunga sulla preparazione che viene offerta agli studenti, sia nell'ateneo di Cagliari che in quello di Sassari.




Va da se che, se da un lato abbiamo l'assenza quasi totale di dati riguardo alla scrittura nuragica, dall'altro abbiamo una valanga di raffigurazioni: i soli bronzetti ci danno un'idea di cosa doveva essere la società nuragica; i giganti di Monte Prama raffigurano guerrieri, pugilatori e riproduzioni in miniatura dei nuraghi; un vaso rinvenuto al sito nuragico La Prisgiona, ad Arzachena, mostra quelle che, A MIO AVVISO, sembrano teste di buoi ed alcune spighe di grano, un'allusione forse all'attività agricola.


Bronzetti sardi



I giganti di Monte Prama.



Il vaso di La Prisgiona


Recentemente, sulla navicella di ceramica trovata a Teti-Abini, è stata avanzata l'ipotesi, da parte della dottoressa Antonella Fois, che quella cerchiata di rosso non sia una lettera orientale ma una raffigurazione di un pugnale ad elsa gammata; sempre la dotoressa Fois ci mostra un pugnale ad elsa gammata scolpito in rilievo in un blocco di pietra (https://pieragica.wordpress.com/tag/navicella-di-abini/).




Arrivati questo punto posso ipotizzare che i sardi nuragici si affidino all'iconografia per comunicare di messaggi ai posteri. Ipotesi comunque azzardata dato che bisognerebbe chiedere ad un sardo nuragico vero e proprio il motivo per cui le facevano e perché non usavano la scrittura ma, dato che non sono né un medium e né un necromante, non sono in grado di risolvere tale dubbio.

Va da se inoltre che, come scritto prima, servirebbe l'aiuto di un esperto di lingue orientali antiche per capire i messaggi presenti in reperti come la navicella di Teti-Abini e il vaso di S'Arcu 'e Is Forros.



Una cosa è però certa: non esistono prove schiaccianti. Pertanto non vi è nessuna certezza. No prove, no certezza.



Per chi volesse approfondire la questione interessato ad un articolo più tecnico, vi linko questo lavoro effettuato da Raimondo Zucca sulla questione della scrittura. 
(http://www.filologiasarda.eu/files/documenti/pubblicazioni_pdf/bss5/01zucca.pdf)



A questo punto lascio la parola a chi visiona l'articolo. Cosa ne pensate?

30 commenti:

  1. Riflessione interessante, merita sicuramente maggiori approfondimenti. Un grande in bocca al lupo per questo blog, speriamo di leggere a breve nuovi contributi :)

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  2. Grazie mille 😊😊😊 spero che questo piccolo blog non possa deluderti e che possa sempre interessarti. Se ti va, fai passaparola! 😃

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  3. Sì, la pubblicazione di Zucca è sicuramente da leggere, molto interessante anche lo spillone Nuragico con iscrizione da Antas, che giustamente viene menzionato da Zucca.

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  4. Molto interessante il tutto. Io mi sono sempre chiesto perché tutti i reperti con scritture di vario genere, anche in lamine d'oro, trovati in sardegna siano stati sempre attribuiti ad altri, Fenici in particolari, senza avere un quadro preciso, almeno fin'ora, chi siano veramente i Fenici. Perche i Greci che hanno vissuto sino al 7^ secolo a.C. nella piu profonda ignoranza, d'improvviso diventano i promotori di tutta la civiltà occidentale. Che abbiano vissuto nella piu profonda ignoranza non ci sono dubi, lo precisa Platone stesso che a causa dei grandi cataclismi molte persone vissero come muti, non sapendo nemmeno parlare.

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    1. Egregio signor Dardano, le rispondo in più punti perché il commento che sto facendo è piuttosto lungo e pertanto ritengo più opportuno spezzettarlo per una maggior comprensione.

      Riguardo ai manufatti nuragici con iscrizioni, non si parla di lingua ma di ALFABETO e sul fatto che nessuno, che io sappia, ne abbia mai fatto una traduzione, magari potremmo scoprire qualcosina di più sulla lingua utilizzata e quindi se fosse un idioma orientale o qualcos'altro di ancora più grosso.

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    2. Riguardo alla questine fenicia: si parla di insegnare a tradurre scrittura fenicia perché abbiamo numerosissime iscrizioni del periodo cartaginese scritte in tale lingua e utilizzando tale alfabeto, una di queste è una dedica alla dea Astarte (se non ricordo male) rinvenuta alla sella del diavolo, dietro alla torre ed al cisternone, abbiamo addirittura un'iscrizione TRILINGUE in latino, greco e fenicio (rinvenuta a San Niccolò del Gerrei), per questo ritengo grave che nessuno nelle università sarde la insegni (io stesso ne sono ignorante).

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    3. Per quel che concerne i fenici stessi: si sa chi sono, molti testi greci (PHOINIKES), egizi (FENKU) e romani (POENICES, applicato per quelli del Levante e quelli di Cartagine) parlano di loro, delle loro attività e della loro provenienza; va comunque detto che loro preferiscono chiamarsi con le città da cui provengono (Tiro, Biblio e Sidone).
      La questione importante sarebbe: da quale città vennero i fenici che si insediarono da noi? Perché se è vero che Tiro fu quella che diede impulso maggiore, è altrettanto vero che di dediche a Melqart, il dio protettore della città sopracitata, ne abbiamo sono in periodo punico.

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    4. Per quanto concerne i greci, non capisco cosa centri l'articolo con loro ma se vuole le dico cosa hanno fatto diventare loro i promotori della civiltà occidentale: i miti che lei conosce, la loro arte, i filosofi antichi più influenti (compreso lo stesso Platone) ma soprattutto, qualcosa che ha reso molte delle sue città e colonie peculiari: la democrazia. In forma piuttosto embrionale e con tantissimi difetti e contraddizioni ma pur sempre democrazia.
      Va poi da se che se svilupparono molte di queste caratteristiche, riuscendo ad uscire dal cosiddetto "medioevo ellenico", è proprio grazie ai contatti con le civiltà orientali presenti in Asia minore. La cosa importante è che loro rielaborarono gli influssi orientali a modo loro e non si lasciarono assimilare da un punto di vista culturale.

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  5. Scusate , ma nel 1800 sino al 1900 d.c in quale lingua scrivevano i Sardi..?? Italiano ?
    C' era il 95% di analfabetismo....Ora , immagino nel 1800 a.c...Io credo che la comunicazione avvenisse mediante segni..L' arrivo poi , di altre genti e dei vasti commerci , solo chi viveva di questo business o chi per lui scrivessero , usando una scrittura gia' esistente e conosciuta " Il Semitico "...Dico questo perche' penso chei Sardi , come altre etnie non avevano bisogno di inventarsi uba nuova scrittura , quando gia' ne esisteva una ...Mi sembrerebbe poi naturale che se vi fosse stata una scrittura Sarda , essa si sarebbe propagata in tutto il Mediterraneo o perlomeno vi sarebbero rimasti i germi di essa....E questo non mi pare sia successo.....

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. A parte che il 95% di analfabetismo è un'esagerazione, tra l'altro sino a relativamente poco tempo fa tutta l'Italia del sud era largamente analfabeta (e anche il resto dell' Italia non era in condizioni molto migliori), questo non significa che nei tempi antichi nessuno scrivesse nell'Italia del sud. Il Semitico tra l'altro non è una scrittura ma una famiglia linguistica, ti consiglio cordialmente di rileggerti i post due volte prima di pubblicarli. Poi l'ultima affermazione ha forse meno senso di tutte le altre, se esisteva una scrittura Sarda in tempi così lontani, a maggior ragione la conoscevano pochissimi Sardi quindi perchè avrebbe dovuto propagarsi in tutto il Mediterraneo?

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  8. Se abbiamo un'iscrizione trilingue in latino, greco e fenicio, quella rinvenuta a San Niccolò Gerrei, significherà qualcosa? Non pensate che se fosse esistito un sistema di scrittura nuragico sarebbe stata quadrilingue?

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    1. No perchè è un'iscrizione piuttosto tarda e la civiltà Nuragica era finita da secoli, attenzione non sto dicendo che esistesse, dico ssolo che non è un valido motivo per negare la sua esistenza.

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  9. Gentile Martino, con tutto il tempo che ti sarà necessario, se mai vorrai applicartici, sarei felice se volessi considerare il saggio che ho redatto sulla materia (avallato nella prefazione dall'archeologa Caterina Bittichesu) e poi farmi sapere cosa ne pensi (lo stesso, naturalmente, vale per quanti intervengono qui).
    Gli estremi del mio saggio li trovi alla nota 2 di questo articolo, che spero ti invogli a sufficienza:
    https://www.facebook.com/NURNET2013/posts/1673154336096617

    E complimenti per la leggiadria ;-)

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    1. Gentile Francesco, ti ringrazio per il complimento e rispondo direttamente sul blog visto che facebook l'ho disattivato da un pacco di tempo, il post tuo l'ho visionato tramite il profilo di un amico.

      Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che bisognerebbe verificare le iscrizioni presenti nei reperti rinvenuti per dare loro una traduzione (questo mi pare di aver capito nel post di nurnet), tra l'altro questa è una necessità che sottolineo nel post del blog visto che avere un reperto con un iscrizione ancora in attesa di essere tradotta non è certo un bene, è possibile che nei depositi della soprintendenza possano esserci altri reperti dell'età nuragica con delle iscrizioni a caratteri orientali; voglio però smentire una presunta non volontà di volere di tirare fuori dai depositi e/o tradurre reperti con iscrizioni visto che chi farebbe una cosa del genere otterrebbe gloria e fama, veda il caso dell'archeologo Alberto Mossa che ha recentemente scoperto dei modellini di nuraghe ed un corno in pietra identico a quello dei giganti di Monti Prama e che molto probabilmente risulta essere proprio di uno dei giganti (ho anche dedicato un articolo sulla questione).

      Non sono invece d'accordo invece col citare il caso di Gigi Sanna in quanto ha comprovato varie volte di essere totalmente inaffidabile e inattendibile. Un esempio: le tavolette di tziricotu non sono delle iscrizioni ma delle minuscole fibbie di cintura altomedievale; le allego il link che smonta in maniera definitiva la questione delle "tavolette" (http://www.quaderniarcheocaor.beniculturali.it/index.php/quaderni/article/viewFile/222/124).
      Si può anche citare la questione del pozzo di Mistras, da lui ritenuto nuragico ma in realtà un pozzo del periodo della seconda guerra mondiale (con tanto di data scritta, 1942, che il sig. Sanna ha interpretato come scrittura nuragica, per dire!); infine da notare il caso delle false iscrizioni etrusche rinvenute in Sardegna, per il quale qualcuno, ahimè, ne è uscito con una condanna.

      Non ho letto il suo lavoro ma vedrò di farlo appena posso; nel frattempo le do un consiglio: diffidi di certi personaggi. Lungi da me dare dei giudizi morali, semplicemente ciò che dicono, come le ho riportato qui sopra, lascia il tempo che trova.

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  10. Martino (per la leggiadria continuo a darti del tu, spero tu riesca a mantenerlo con me), conosco il Prof. Sanna e ne conosco il lavoro, so quanto per generosità si spinga anche su terreni insidiosi; so che confrontarsi sulle interpretazioni (specie riguardo a quanti non ne abbiamo titolo, visto inoltre quanto poco riescono a cavarne, nulla di univoco, pure quelli che un titolo specifico ce l’hanno) sarebbe ancora lungi dal portare a qualcosa di convenuto (la Prof.ssa Amadasi Guzzo, per dire, ha declinato la richiesta di una perizia epigrafica sulla navicella di Teti spiegando che non trattandosi di un alfabeto semitico non è di sua competenza; l’ha rilevato l’archeologa Nadia Canu al Museo Sanna di Sassari il 30 Novembre scorso).

    Per questo preferisco parlare di esami sulle ceramiche con iscrizioni che ci diano per intanto datazioni, per vedere di far parlare anzitutto quelle.

    Non so con quanta attenzione tu abbia potuto leggere il mio articolo cui ti rimandavo, ma l’articolo di Serra sul modano medievale cui mi rimandi è esattamente quello che citavo anch’io.

    E la vicenda del pozzo di Mistras, permettimi, la può liquidare su due piedi solo chi la conosca superficialmente. La corretta trascrizione di quei segni (di quelli imputati di dare 1942, posto che altri ce ne sono che si è lungi dall’interpretare) non dà, per esempio, un 4; il presunto 4 è in realtà uguale al segno a forma di sgabello presente sul sigillo/nuraghetto/fusaiola in steatite di Uras, un segno presente anche nella Lineare A.

    Comunque, come ho già scritto, il taglio che do all’argomento prescinde non solo da Tzricotu (e quindi dal pozzo di Mistras), ma anche dalle interpretazioni di Gigi Sanna, il cui ruolo di rilievo in questa vicenda potrebbe in teoria rivelarsi (mi ripeto) anche quello di essere stato il “semplice” collettore e ordinatore di tutti i reperti in tal senso interessanti emersi negli ultimi lustri.

    Il punto quindi non è, ora, decifrare le scritture su certi reperti (al momento non c’è semplicemente consenso sulle attribuzioni a una scrittura o a un’altra, tantomeno perciò sulle interpretazioni), ma verificare laddove è possibile le datazioni, perché queste ci aiutino a capire a chi quei segni di scrittura possano meglio attribuirsi.

    Spero di leggerti (anche) dopo che avrai letto il mio saggio.

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    1. Gentile Francesco (certo che mi puoi dare del tu!), ho visto solo ora la tua risposta, ti chiedo scusa per la mia risposta, spero sia ancora valida nonostante il tempo.

      Inizio a parlare di reperti in cui è stata appurata la presenza di scrittura, come la navicella di Teti Abini.
      Se la perizia di tale professoressa Amadasi Guzzo è stata nula in quanto non ha considerato semitico quanto scritto, se tale non semiticità è stata confermata pure dall'archeologa Nadia Canu, non sapei come risponderle visto che io stesso, come scritto sopra, sono altamente ignorante in materia (non sono neppure sicuro che il cipriota sia un alfabeto semitico, visto che non tutto ciò che è orientale è semitico, pensi lei!), posso però dirle che se NESSUNO fosse in grado di tradurre quanto scritto, la questione di quanto scritto si troverebbe ad un punto morto e francamente io stesso spero che ci sia qualcuno in grado di tradurre quanto scritto, non solo sulla navicella ma anche sul vado di Is Forros , quest'ultimo è certamente più facile da tradurre visto che si tratta di filisteo.

      Il punto è che, e qui inizio ad allargarmi troppo, o trovi una sorta di stele di Rosetta in con lingua orientale e nuragica (putando caso che esista e finora non è mai stato trovato nulla di simile) che ti possa fornire un quadro dettagliato o inizia ad andare di sole attestazioni in lingua orientale.

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    2. Tradotto: essendo io ignorante in materia di lingue orientali, non posso dirti se quella possa essere o meno scrittura non orientale.

      Aggiungo inoltre la questione della datazione mi pare un falso problema dato che i reperti rinvenuti mediante scavo stratigrafico abbiano già una datazione loro correlata in base allo strato in cui sono stati rinvenuti, questo vale sia perla barchetta che per il vaso di Is Forros; se le datazioni sono pertinenti all'età del Ferro c'è poco da fare; eventualmente ci si potrebbe aiutare con la termoluminescenza ma mi pare sia passato troppo tempo per poterla usare in modo da dare cronologie precise.

      Tornando al caso Tziricotru, ammetto di non aver notato che anche tu citavi l'articolo che ti avevo linkato, perciò rispondo col dire che si potrebbe pure fare un esame metallografico ma, visto il confronto con altri tipi di fibbie medievali, lo trovo a mio avviso superfluo.
      Per quanto riguarda il pozzo di Mistras la questione è semplice: sono stati fatti dei controlli da parte della soprintendenza di Cagliari che ha appurato, vista la stessa presenza del 1942, che si tratta di pozzo recente. Ed aggiungo pure che non troverà NESSUNISSIMO pozzo nuragico, sacro o no che sia, fatto nella stessa maniera in cui è stato fatto il pozzo di Mistras.

      Per quanto riguarda la lettura del tuo saggio, dovrai attendere, sono con un'otite catarrosa e ho un vaccino il 10 (come avrai già letto), pertanto sono in quarantena in casa e sto limitando le uscite il minimo necessario con la speranza di rimettermi in sesto quanto prima :P

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  11. Gentile Martino, ma la navicella di Teti, ad esempio, non viene da uno scavo, eppure la termoluminescenza l’ha certificata autentica (IX-VIII a.C.). Così si sarebbero dovuti verificare (ancora si dovrebbero verificare, se tornassero alla luce) i cocci di Orani, la brocchetta piriforme documentata da Giovanni Fadda nel 2004 e il coccio di Mogoro; così si potrebbero (dovrebbero) studiare il coccio di Selargius, quello dal nuraghe Alvu di Pozzomaggiore, l’anfora di S’Arcu ‘e is Forros, la fusaiola dal Palmavera, la brocca da Nuraxinieddu, la fiasca del pellegrino dal villaggio nuragico di Ruinas (Oliena), il coccio di Allai, il frammento di anfora nuragica dal Santo Antine, il secchiello da Monte Olladiri, i tre reperti da Sant’Imbenia (coccio d’anfora, coppa, sigillo), il ciondolo da Solarussa e, crepi l’avarizia, il vaso di La Prisgiona. E questo per limitarsi, tra i reperti con segni di scrittura, a quelli fittili (necessariamente, viste le possibilità di datazione). Se la termoluminescenza dovesse giudicare nuragici questi reperti, allora anche le scritte su pietra e bronzo aventi gli stessi caratteri potrebbero dirsi nuragiche. Dirai che corro troppo, ma non è mia intenzione; sto solo tracciando un disegno di studio. Forse (con tutto il rispetto di cui sono capace) aveva corso di più Garbini a giudicare scrittura filistea quella sulla coppa di Sant’Imbenia e quella sull’anfora di S’Arcu ‘e is Forros (forse che, per esempio, tra i segni del Filistei si annovera il pugnaletto con elsa gammata?): normale fosse tentato di annettere alla scrittura che si proponeva di dimostrare (una scrittura filistea ancora abbastanza fantomatica) epigrafi che potevano dirsi (e che lui diceva) non fenicie. Normale che in Sardegna, finché resisterà il dogma sulla non esistenza di una scrittura dei Sardi, si regalerà la paternità di reperti scritti a chiunque piuttosto che ai Sardi.
    L’interpretazione di un codice scrittorio, infine, è naturale venga dopo il suo riconoscimento come tale. Considera Proto-Sinaitico e Proto-Cananaico: sono scritture ancora considerate indecifrate, ma riconosciute come tali (e stanno proprio, si ritiene, nell’evoluzione tra Geroglifico e Fenicio, lì dove potrebbe essersi situato anche il Nuragico, che infatti potrebbe avere molto di queste).
    Guarda il corpus di iscrizioni di queste scritture e guarda a quello che già potrebbe essere il corpus del “Nuragico” se solo gli volessimo attribuire tutte le epigrafi rinvenute in Sardegna non facilmente interpretabili quali altre scritture e non traducibili come altre scritture: in qualsiasi altra parte della terra queste caratteristiche porterebbero dritti a pensare a una scrittura locale; solo in Sardegna, a quanto pare, vige un tabù apparentemente insuperabile.
    Ok, guarisci (naturalmente) e, quando puoi, dai un’occhiata al mio libro. Che comunque, senza stare a uscire di casa, si trova anche in e-book ;-)

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    1. Gentile Francesco, ti ringrazio per gli auguri di buona guarigione e per avermi detto che il suo libro è anche presente in ebook. Vedrò di leggerlo quanto prima :)

      Per il resto posso dire che sono abbastanza fiducioso degli studi futuri che chiariranno in modo abbastanza chiaro il quadro che verrà a delinearsi.

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  12. Quanto alla questione del pozzo di Mistras posso raccomandarti la lettura di questo articolo (con la discussione che lo accompagna):
    http://maimoniblog.blogspot.it/2015/05/i-pozzi-di-mistras.html?m=1

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    1. Domani mattina gli do una bella occhiata più approfondita.

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    2. Ho visto adesso. Perdonami ma questi pozzi ad incastro sono moderni; la spiegazione di presunta antichità della scritta non mi convince in quanto A) si tratta di qualcosa fuori contesto, B) si viene a creare un minestrone con 3 alfabeti in una parola sola.

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  13. Gentile Martino, il presente commento è per parteciparti che domani, 8 Giugno, alle ore 18,00 nella sala Siglienti (Direzione Generale Banco di Sardegna, Viale Umberto) si terrà la presentazione del libro “Scrittura nuragica? Storia, problemi e considerazioni” (Condaghes editore), di Francesco Masia (cultore della materia). A discutere il libro sarà l’archeologo Nicola Dessì.
    Scusa ma non so come raggiungerti altrimenti (d’altronde da qui a domani, ragionevolmente, mi leggerai, qui, solo tu).
    Tornando ai pozzi a incastro (moderni?), hai considerato che in quello di Mistras sono presenti due coppelle? Non ti complica un po’ il ragionamento? ��

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    1. Non è comparsa, semplicemente, la manina che saluta. E mi accorgo che non risulta la città della presentazione: Sassari.

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  14. Grazie Martino, per offrirmi la possibilità di dialogare con Francesco Masia, sarebbe possibile confrontarmi con loro nei blog, in quanto eliminerebbero ogni mio commento in quanto ho sempre affermato anche in sede scientifica che l'attendibilità della scrittura nuragica, per come la interpreta Gigi Sanna è nulla e non ha alcun valore. Sono stata io incaricata a seguire le indagini riguardanti le presunte iscrizioni "nuragiche" del pozzo di Mistras. Dal primo momento in cui ho osservato la struttura, mi sono resa pienamente conto che non si poteva trattare di una costruzione di età nuragica e che le iscrizioni erano scarabocchi e date recenti. Vorrei sapere come mai Sanna e i suoi seguaci evitano di parlare di gaffes clamorose come per esempio l'anello di Su Pallosu. Datato da Sanna nel XIII-XII sec. a. che conterrebbe un totale 36 segni di cui 12 segni ripetuti per tre volte – 9 volte la lettera yod con segni alfabetici in protocananaico, fenicio arcaico (stele di Nora) e gublita. Ho avuto la possibilità di osservare di persona e studiare l'anello rivolgendomi a veri studiosi di epigrafia e il risultato è in una mia pubblicazione che si trova on line. "Un unico interessante oggetto proveniente dall'area oggetto di studio potrebbe attestare il passaggio o la presenza di popolazioni islamiche in epoca medievale: si tratta di un anello rinvenuto fuori contesto nel basso fondale di fronte alla spiaggia di Su Pallosu. Sull’anello, in bronzo e con castone circolare del diametro di 18 mm, è incisa una formula الملك لله وحده (al-Mulk li-llah Wahda-hu) - 'La sovranità appartiene solo a Dio'. Chi scrive ha consultato in merito tre studiosi esperti in epigrafia islamica: Chokri Touihri dell’Università di Tunisi, Almudena Ariza Armada dell’Università di Madrid, e Alexander Metcalf dell’Università di Lancaster (UK). Secondo la loro opinione, l'oggetto è difficilmente collocabile in un preciso ambito cronologico, in quanto la formula dell’iscrizione era molto utilizzata nel mondo islamico fino a tempi abbastanza recenti". Naturalmente nel mio lavoro che è di taglio scientifico Sanna non è citato e vorrei capire come si pone Masia davanti all'ennesima bufala smentita dell'ex professore di latino e greco del liceo De Castro di Oristano. Tutti i reperti compresa la barchetta di Teti sono stati rinvenuti fuori contesto stratigrafico è impossibile per questo motivo verificare l'autenticità. I pochi documenti attendibili restano: l'anfora di Arcu e in Forros, lo spillone di Antas e la brocchetta di Nuraxinieddu che riportano segni alfabetici semitici o ciprioti intraducibili. Il motivo è abbastanza semplice: i sardi del Bronzo Finale, entrati in contatto con popolazioni provenienti dall'oriente provavano a imitare questi segni per esprimere un pensiero nella loro lingua. In quanto non abbiamo idea di quale fosse l'idioma parlato tutti questi reperti sono intraducibili. Sinceramente mi vergognerei a insistere e chiederei scusa sia a me che a Paolo Benito Serra per aver dubitato delle nostre conoscenze e dell'attendibilità del nostro studio.

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  15. Non ho letto i vostri commenti ma vi prego di non attribuirmi cose che non ho mai detto e cioè che sulla barchetta nuragica di Teti sia incisa scrittura nuragica. Mi dispiace essere stata mal interpretata. Cordiali saluti a tutti. Antonella Fois

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  16. Ho potuto sperimentare come ci siano archeologi (la dottoressa Ardu li riconoscerebbe suoi maestri) che si dispongono sull’argomento a un confronto costruttivo in privato. Un po’ mi duole che a cercare un benvenuto confronto pubblico (per quanto qui ci leggeremo in pochi) sia invece proprio chi, il 21 giugno 2014, lasciava un biglietto (vogliamo dire goliardico?) sopra il discusso pozzo di Mistras per il gruppo che si avvicinava a visitarlo (nel gruppo il Prof. Sanna e la dottoressa Bittichesu); biglietto dove tra l’altro si leggeva “Pregate il toro e la madre gran vacca ne avete bisogno”. Oggi, 2018, la dottoressa Ardu sceglie di parlare ancora di “seguaci” (io dovrei riconoscermi un seguace?), nonché del caso di vergognarsi (gli altri) e chiedere scusa. Dunque dovrei concludere che l’episodio del 2014 non si può ancora archiviare come superata intemperanza giovanile.

    Ma gli interlocutori non sempre si possono scegliere, e allora non vorrei sottrarmi al confronto che la dottoressa Ardu almeno dice di cercare.

    È però necessario muovere dal sottolineare impostazioni giudicabili pervicacemente sbagliate nel modo in cui questo “dialogo” viene avanzato. Non pretendo affatto che proprio la dottoressa Ardu legga il mio libro; d’altronde voler dialogare con me dovrebbe significare confrontarsi con le tesi che ho esposto. Mi sembra lecito, insomma, sospettare che la dottoressa non mi abbia letto e mi consideri, pigramente, un pappagallo “seguace” del suo principale bersaglio, il Prof. Sanna. Si direbbe, allora, volersela prendere con me per continuare a prendersela con lui.

    Dovrò pertanto spiegarle, con pazienza, che nel mio libro mantengo un punto interrogativo davanti a “scrittura nuragica” e, soprattutto, non la appoggio alle interpretazioni del Prof. Sanna (interpretazioni che proprio non mi ergo a giudicare).

    Quanto all’anello di Su Pallosu, se avesse sfogliato il libro si sarebbe vista citata con le sue obiezioni (avevo tratto da un’intervista a Oubliette Magazine, mancandomi la fonte che ora registro volentieri: https://www.academia.edu/32145777/Capo_Mannu_Project_Nuove_ricerche_subacquee_nel_Korakodes_Limen).

    Che sia impossibile verificare l’autenticità di reperti rinvenuti fuori contesto, quando la termoluminescenza ci dice della datazione e dell’incisione ante o post coctionem (ante, nel caso della navicella di Teti) e l’analisi delle argille ci dice da dove proviene il materiale d’impasto (da S’Urbale nel caso della navicella), è una affermazione che lascio intera alla dottoressa Ardu.

    Altrettanto quanto alla verità rivelata circa i tentativi di imitazione delle altrui scritture operati dai (poveri) Sardi dell’Età del Bronzo.

    Naturalmente non saprei di cosa dovermi scusare con la dottoressa Ardu; forse dell’aver creduto a quanti giurano il suo primo parere sul pozzo deponesse per un manufatto di epoca romana (un dettaglio certamente poco o nulla rilevante nel nostro discorso).

    E allora, sì, potrei pure scusarmi anche con il Prof. Serra, per essere giunto a pensare siano più nel vero quanti sostengono che il bronzo di Tzricotu non potesse ricevere “colate” (non colate atte a produrre guarnizioni di finimenti equini o di linguelle e cinture multiple da parata), come nemmeno potesse sopportare le martellate per imprimere i suoi segni su una lamina di metallo (quindi non possa quantomeno dirsi, in sostanza, una matrice in bronzo ad una sola valva per un mòdano da sbalzo, come definito dal Serra).

    Per concludere vorrei invitare anche la dottoressa Ardu a tenere presente, nel suo lavoro e nei suoi giudizi, che la ricerca non si fa contro qualcuno o qualcosa; lo studio che meritano certi reperti non è un regalo o un cedimento al Prof. Sanna; e coglierlo in fallo nelle sue interpretazioni non dovrebbe togliere nulla, nel giudizio di uno studioso, all’interesse che certi reperti conservano “per sé stessi”.

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  17. Quanto alla preoccupazione della dottoressa Fois che qualcuno possa attribuirle il riconoscimento di una scrittura nuragica sulla navicella di Teti, per parte mia la sollevo senz’altro: lei è molto attenta a non sbilanciarsi e, difatti, non si sbilancia. Era stata però la dottoressa Nadia Canu a scrivere, nel 2.012, che se il reperto fosse risultato autentico si sarebbe trattato di “una scoperta eccezionale (segni grafici incisi su un supporto Nuragico!)”. Ed è stata poi la dottoressa Maria Ausilia Fadda, nel 2015, a scrivere: “senza alcun dubbio i segni sono di una scrittura di tipo sillabico destrorsa”, Lo scriveva quando la datazione alla termoluminescenza era già nota, senza però farvi cenno (anzi, parlando ancora dell’assenza di elementi per una datazione certa). Di fatto, però, parlava comunque apertamente di scrittura; quella parola che, preso atto della datazione della navicella al IX-VIII secolo a.C., non sembra si possa più nominare.

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  18. Ancora a proposito dell’interesse che certi reperti meriterebbero “per sé stessi”, non posso non ricordare che voltati ormai i 5 anni dal risultato della termoluminescenza siamo giunti a fatica appena alla pubblicazione, tra gli atti di un convegno, della relazione entro la quale la navicella di Teti era stata presentata (insieme a un reperto litico con altra raffigurazione di un pugnale nuragico, da Florinas) nella cornice di studi etruschi. Un articolo dedicato, con perizia epigrafica, è ancora atteso. Di estendere le verifiche strumentali su altri reperti/documenti fittili, non si parla.

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